Psicanalisi, ancora uno sforzo.. di Muriel Drazien

Prolusione letta alle Giornate Europee di Maggio (2003), dedicate ai rapporti tra psicanalisi e psicoterapia, un argomento reso attuale dall’attuale attacco contro la psicanalisi ad opera di altri modelli di cura.

di Muriel Drazien

Nell’ottobre 1968 l’allora EFP consacrò il suo congresso annuale ai rapporti tra psicanalisi e psicoterapia. Rileggendo gli atti con le relazioni di Lacan, Melman e tanti illustri psicanalisti della Scuola, anche per misurare la strada compiuta nel frattempo – che a dire il vero non è tanta – ho cercato dei punti che permettano oggi di orientarci in ciò che rimane una tormentata questione. La tensione dialettica che ha diviso l’analitico dal terapeutico sin dai tempi dei primi allievi di Freud è stata oggi riaccesa dalla legge del 1989 che istaura in Italia la professione di psicoterapeuta. Su precisa richiesta dell’establishment psicanalitico nessuna menzione venne fatta allora del caso speciale costituito dalla psicanalisi. Tale menzione era senz’altro considerata superflua, sia perché la psicanalisi è da tempo una rispettabile corporazione privata, che ha sempre difeso la sua indipendenza dallo stato, sia perché non poteva essere alcun dubbio (almeno per queir establishment) sul’alterità della psicanalisi, sul suo essere una categoria a parte, che con le varie psicoterapie non ha niente a spartire. Fatta la legge, il silenzio sulla psicanalisi non la preserva affatto, come invece sarebbe potuto auspicare e abbiamo potuto verificare, dall’essere inglobata in tutta la gamma delle psicoterapie. L’effetto di questa legge è devastante non solo perché psicanalisti non-medici appartenenti ad associazioni psicanalitiche private e riconosciute adesso sono tenuti a iscriversi nei ruoli degli psicoterapeuti, ma perché domani lo Stato potrebbe a pieno diritto intervenire negli affari interni di queste stesse associazioni private, per dettare legge su quali candidati accettare in formazione. L’establishment psicanalitico, almeno in Italia, come lo è in da tempo in Germania e come rischia di divenire in tutta Europa, è oramai tutelato dello Stato. Inoltre, il carattere insidioso della legge solleva in modo molto allarmante la questione della Laienanalyse — l’analisi profana – o analisi scientifica,un equivoco che per gli stessi psicanalisti non è mai stato chiaramente risolto. Non è solo dei medici o non medici che si tratta, ma dello scopo della cura; l’analisi profana sospende lo scopo terapeutico a beneficio di quello analitico. Benché Freud abbia articolato chiaramente questa distinzione, persiste l’idea che Laien – Lay —analisi, sia solamente (’analisi praticata dai non-medici. “In verità la linea di dimarcazione fra la psicoanalisi scientifica e quella applicata attraversa sia il campo medico sia quello non medico.” Mi chiedo persino se non sia questa confusione, molto diffusa, ad aver influenzato la politica da struzzo, o piuttosto l’atto mancato, di quegli psicanalisti al momento in cui la famosa legge si stava formulando e una pressione politica avrebbe potuto essere esercitata precisando lo scopo scientifico della psicanalisi a discapito di quello della cura,, proteggendo così strada facendo i colleghi non-medici. Atto mancato che corrisponde più o meno inconsciamente ai perenni tentativi fatti in ogni paese in cui la psicanalisi avveniva impiantosi dai tempi di Freud in avanti, per scoraggiare o penalizzare gli analisti non-medici? Nel 1927 Freud aggiunge un postscritto al suo articolo dell’anno precedente che sarà pubblicato con l’accordo di Jones, e costituisce “un grido d’allarme” nei confronti dei contributi da lui sentiti in occasione del dibattito sull’analisi scientifica e le sue applicazioni. Che non riguardava come comunemente si pensa il rapporto tra l’analisi terapeutica e le applicazioni non terapeutiche -II postscritto fu sì pubblicato, ma, solo dopo la soppressione delle ultime tre pagine stracciate dall’editore con l’autorizzazione di Freud allo scopo dichiarato di non fornire pretesti scissionistici agli Americani, visto che già allora gli Americani avevano adottato una politica protezionistica nel confronto dell’analisi dei non-medici. Questi pagine mancanti nelle edizioni complete lo è in da tempo in Germania e come rischia di divenire in tutta Europa, è oramai tutelato dello Stato. Inoltre, il carattere insidioso della legge solleva in modo molto allarmante la questione della Laienanalyse — l’analisi profana – o analisi scientifica,un equivoco che per gli stessi psicanalisti non è mai stato chiaramente risolto. Non è solo dei medici o non medici che si tratta, ma dello scopo della cura; l’analisi profana sospende lo scopo terapeutico a beneficio di quello analitico. Benché Freud abbia articolato chiaramente questa distinzione, persiste l’idea che Laien – Lay —analisi, sia solamente (’analisi praticata dai non-medici. “In verità la linea di dimarcazione fra la psicoanalisi scientifica e quella applicata attraversa sia il campo medico sia quello non medico.” Mi chiedo persino se non sia questa confusione, molto diffusa, ad aver influenzato la politica da struzzo, o piuttosto l’atto mancato, di quegli psicanalisti al momento in cui la famosa legge si stava formulando e una pressione politica avrebbe potuto essere esercitata precisando lo scopo scientifico della psicanalisi a discapito di quello della cura,, proteggendo così strada facendo i colleghi non-medici. Atto mancato che corrisponde più o meno inconsciamente ai perenni tentativi fatti in ogni paese in cui la psicanalisi avveniva impiantosi dai tempi di Freud in avanti, per scoraggiare o penalizzare gli analisti non-medici? Nel 1927 Freud aggiunge un postscritto al suo articolo dell’anno precedente che sarà pubblicato con l’accordo di Jones, e costituisce “un grido d’allarme” nei confronti dei contributi da lui sentiti in occasione del dibattito sull’analisi scientifica e le sue applicazioni. Che non riguardava come comunemente si pensa il rapporto tra l’analisi terapeutica e le applicazioni non terapeutiche -II postscritto fu sì pubblicato, ma, solo dopo la soppressione delle ultime tre pagine stracciate dall’editore con l’autorizzazione di Freud allo scopo dichiarato di non fornire pretesti scissionistici agli Americani, visto che già allora gli Americani avevano adottato una politica protezionistica nel confronto dell’analisi dei non-medici. Questi pagine mancanti nelle edizioni complete Questo fatto, clinicamente accertabile, spiega perché se discutiamo di psicoterapia come stiamo attualmente facendo, dal luogo in cui si situa lo psicanalista, è necessario e inevitabile evocare la questione della fine dell’analisi – ricordo gli atti di Strasbourg ai quali ho dapprima accennato. Perché? Il tramonto del soggetto supposto sapere dipende dal desiderio dell’analista; vale a dire da uno certo esito del transfert. Questa questione a sua volta determina quella della formazione che qualifica l’analista come colui che è in grado di portare il transfert sino a questo punto dell’atto analitico. Annie Tardits, che quest’anno è venuta a Roma per parlarci delle formazioni dello psicanalista, fa notare che, per Freud, il rigetto dell’analisi profana da parte degli americani dipendeva da un tentativo di rimuovere la psicanalisi. Torniamo adesso a questa rimozione, o possiamo dire, a questo rifiuto di sapere nel senso di – smentita – o Verleugnung- che Freud riscontrò nel 1926, (è un termine molto forte e non inappropriato per trasmettere la nozione di volontà, visto che ho parlato di Spaltung, termine utilizzato da Lacan a proposito della posizione dello psicanalista). L’atto mancato degli psicanalisti italiani —la loro decisione di non-agire – a proposito dell’istituzione della professione e della formazione dello psicoterapeuta segna il ritorno nel reale di quella smentita. Lacan nel 1964 al momento della fondazione della sua Scuola,, denunciava il “dilagare di una psicoterapia associata ai bisogni dell’igiene sociale.” Non nascondendo il colpo tirato in direzione degli Americani, Lacan dice che anche in Francia gli analisti “si prestano” ad una pratica “mitigée” annacquata, caratterizzata da: “conformismo dello scopo, barbarismo della dottrina, regressione completa ad uno psicologismo puro e semplice.” La psicanalisi non è innocente, dice Lacan in qualche modo “si presta”, perché contribuisce anch’essa alla la propagazione della psicoterapia. E un giudizio severo e un ammonimento, Noi, in Italia, e insieme a noi altri in Europa ci troviamo di fronte ad uno stato di fatto giuridico che fa sì che non possiamo tacere, se vogliamo continuare ad esistere per quel poco di voce che può risuonare nel contesto sociale – in qualsiasi contesto sociale. Non possiamo e non vogliamo estraniarsi dal contesto sociale in cui siamo immersi, e con noi, i nostri pazienti insieme alle insoddisfazioni professionali che patiscono e le loro pressanti necessità di formazione. Alcuni hanno la cura di malati gravi istituzionalizzati. Per supportare questo peso e l’angoscia che questo lavoro implica e infligge, essi cercano una parola nuova. Non è indolore riconoscere la propria nevrosi. Gli studi di psicologia o di medicina non preparano, o piuttosto alienano chi si indirizza verso una professione di cura e d’ascolto. Così, contro l’ammonimento di Lacan abbiamo scelto -e anche questo scelta è una necessità -il rischio di “prestarci”. Possiamo solo provarci a ritoccare leggermente il bilancio negativo ch’egli a suo tempo ha tracciato. Non pretendiamo soluzioni facili, non vogliamo proclamare dogmi; non possediamo La Verità. A differenza del discorso universitario, proponiamo l’apprendimento dell’ascolto. Più di ogni altro fattore conta l’analisi, “personale” s’intende (come se ce ne fosse una di altro tipo). Come dimenticare che anche noi siamo passati laddove si trova il novizio d’oggi? Come dimenticare – questo è ciò che chiamo “l’efficacia” della cura – infatti, non la si può dimenticare più, una volta sentitolo-l’ impronta del desiderio dell’analista; quando si è passati da quella tappa, da quel punto dell’atto analitico non la si dimentica più. Come non voler ri-passare con altri per quest’esperienza? Ch. Melman a Strasburgo al momento del congresso dell’EFP in 1968 dedicato a “Psychanalyse et psychothérapie”, ha parlato di ’eterogeneità dell* oggetto e del campo di questi due termini. Solo separando radicalmente questi due termini “eterogenei” si può rendere il dovuto a ciascuno di essi, ma soprattutto così facendo, si può risanare la breccia che la loro congiunzione crea in chi si trova in quanto psicanalista a dovere fare per qualche ragione i conti con l’entità psicoterapica. I due termini corrispondono a pratiche di cura diverse. La psicanalisi può testimoniare del loro punto d’incontro.