Il masochismo e/o l’autorità del significante – di Francoise Rey

Per Charles Melman, l’autorità è l’autorità del significante, e per quanto concerne l’etica degli analisti, questa consisterebbe nel riconoscere il carattere determinante delle incidenze soggettive e oggettive, che un animale umano riceve dal significante. Questo è il primo assunto, la prima posizione di Melman. Ma il significante non ha anche forse quel carattere doloroso, nella storia nostra e in quella dei nostri pazienti? E quindi, in quali condizioni, un soggetto può sperimentare, provare che ciò che gli proviene dall’Altro, dal grande Altro, prende questo carattere doloroso, lo colpisce fino al corpo – Melman a questo proposito parlava, nella nostra contemporaneità, del carattere persecutorio dei significanti. E questo mi serve per introdurre la questione del masochismo.

di FRANÇOISE REY – Grenoble ALI

Dr.ssa F.Rey Ti ringrazio molto Muriel che mi hai permesso di ritrovare Roma, i colleghi, perché per noi il bene più prezioso è il transfert di lavoro. Effettivamente ho cambiato il mio titolo e ho orientato la questione sul masochismo a partire dalla lettura dell’intervento fatto da Charles Melman alle giornate di Chambéry, giornate organizza te da Christian Rey sull’autorità.
Per Charles Melman, l’autorità è l’autorità del significante, e per quanto concerne l’etica degli analisti, questa consisterebbe nel riconoscere il carattere determinante delle incidenze soggettive e oggettive, che un animale umano riceve dal significante. Questo è il primo assunto, la prima posizione di Melman.
Ma il significante non ha anche forse quel carattere doloroso, nella storia nostra e in quella dei nostri pazienti? E quindi, in quali condizioni, un soggetto può sperimentare, provare che ciò che gli proviene dall’Altro, dal grande Altro, prende questo carattere doloroso, lo colpisce fino al corpo – Melman a questo proposito parlava, nella nostra contemporaneità, del carattere persecutorio dei significanti. E questo mi serve per introdurre la questione del masochismo.
Se noi cercassimo di definire l’autorità – ecco “l’autorità” nei dizionari soprattutto è indicata come “fare credito a qualcuno”, ma anche autorità come “provare il suo potere”. Si comprende bene che l’idea di autorità contiene al suo interno l’idea stessa di alterità. Quanto al masochismo sapete che l’origine proviene da Sacher Masoch e che appartiene prima di tutto al registro della perversione, del piacere che si può trovare nel provare del dolore fisico e nelle umiliazioni – e questa definizione si è poi allargata a quella di masochismo morale, all’idea generale, secondo la quale, il soggetto cerca delle situazioni in cui si trova in difficoltà.
Nel testo di Freud Il problema economico del masochismo, Freud stima, anzi è obbligato a riconoscere, che la sua teoria che metteva in primo piano, come principio di piacere, il riposo dell’eccitazione degli affetti, ecco, deve ammettere che questo soggetto umano include il masochismo nella propria libido. Ossia Freud è obbligato a riconoscere che, per quanto riguarda il piacere, è piuttosto l’incontro con il dolore che è in questione. E quindi nella libido, nella sessualità del soggetto umano vi è il masochismo.
Charles Melman in uno dei suoi seminari osserva che l’economia libidica, ossia quella del fantasma, e che la stessa storia del soggetto, ha la stessa organizzazione del fantasma. Lo svolgimento è temporale, e invece di arrivare a poter cogliere l’oggetto, arriva al “colpo” – e si ritrova questo termine in particolare nel fantasma “un bambino viene picchiato”. Vi è una libido del “colpo”.

Dr.ssa M.Drazien Ecco, tu peux reprendre ce passage de Melman …
F.R. L’economia libidica del soggetto non conosce nessun’altra traiettoria se non quella del fantasma; e la stessa storia di ogni soggetto ha la stessa organizzazione del fantasma. La storia del soggetto ha uno svolgimento temporale diacronico come il fantasma, ma invece di arrivare a poter cogliere, sperimentare l’oggetto, arriva al “colpo”.

Dr.ssa M.Drazien C’est Melman qui dit tous ça?

F.R. Sì, lo dice, ma insomma ognuno nella nostra vita lo può sperimentare.
Per sottolineare come, a partire dalla ripetizione di questo “colpo”, la maggior parte dei nostri pazienti viene a incontrarci.

M.D. Pas toujours de coup normal, de coup corporel …

F.R. Colpi, nel senso di sentimenti di dolore, smacchi, fallimenti. Quando ci capita qualcosa di spiacevole, abbiamo l’impressione di aver ricevuto un colpo. Potrebbero essere anche dei colpi corporali. Mi sono attardata sui colpi simbolici.
Riusciremmo a ritrovarci, a reperirci, se non avessimo la nostra dose di masochismo?
Una paziente mi diceva che era inquieta, quando non era angosciata.
In questo esempio particolare, si comprende bene. Ossia, per quanto riguarda l’esempio di Melman, potremmo dire quando ancora i significanti sono ancora attaccati, incollati alla storia del soggetto. Si comprende bene qui, in questo caso di questa paziente, come i significanti che condizionano la vita di un soggetto, non sono scollegati dalla propria storia o dal proprio fantasma. È il primo tempo in un lavoro della una cura analitica. Questo soggetto ci propone la dimensione immaginaria per cercare di cogliere il reale. In questo passaggio di Melman, quello anche che mi interessava, è che sottolineava come il significante quando è preso come un concetto, cioè staccato dalla storia, dalla piccola e dalla grande storia, dalla storia personale del soggetto, ma anche dalla storia sociale in cui vive, aveva un valore di cura, che il significante preso nello scenario non aveva. Ossia con la storia che ognuno racconta si rimane nel dolore del trauma.
E attorno a questi spunti di riflessione volevo articolare il mio lavoro, ossia come rendere la parte di reale in un significante, ossia una parte di reale che sia suscettibile di ridare al significante quest’autorità di cui parla Melman.
Nel fantasma “un bambino viene picchiato”- per studiare questo mi sono riferita a Lacan e alla parte del Seminario Le formazioni dell’inconscio – Lacan in questo Seminario dà quest’indicazione. Sapete com’è costituito questo fantasma? Vi sono tre parti in questo fantasma: “il padre picchia un bambino che odio”; poi c’è una parte inconscia, la seconda.
Forse ho dimenticato di darvi qualche dettaglio: Freud dà conto di questo fantasma nello stesso anno, in cui, più o meno, dà conto del problema economico del masochismo; ha osservato come fosse un fantasma comune a parecchi suoi pazienti.
Alcuni psicanalisti, come Hiltenbrand, hanno utilizzato questo fantasma per lavorare la questione femminile.
Dunque, la prima parte: “il padre picchia un bambino che io odio”; la seconda parte, che viene alla luce grazie al transfert: “sono picchiato dal padre”; e una terza parte, una parte dove il testo è ridotto alla sua espressione più semplice, ossia desoggettivato, e Freud dice che non si sa più chi picchia, perché la formulazione della frase è “si picchia un bambino”. Ossia vi è una desoggettivazione a partire da questa formula, e insomma fino a quel punto era una questione del padre, ma in quest’ultima formulazione, potremmo dire che più che il padre, chi agisce è qualcuno che ha un’autorità.
Anche con questa formula del pronome personale neutro “on”, “si” impersonale o “si” passivante, ci si chiede se vi sia della soggettività.

Dr.ssa J.Venneman Il tedesco dice che non c’è soggettività. La formulazione del tedesco propone la forma passiva.

F.R. E Lacan aggiunge “un bambino viene picchiato” è un significante.
Lacan attribuisce a questo fantasma una circostanza reale, per esempio, per un bambino, la nascita di un fratellino o di una sorellina, che lo sposta letteralmente dal posto che fino a quel momento teneva – anche questo era un colpo, “tanto che possa provare – sono proprio le parole di Lacan – un’umiliazione, o il sentimento di una perdita irrimediabile davanti a quello che possiamo chiamare il desiderio del grande Altro”.
In questo contesto, potrebbe essere nella nostra vita, nella vita dei nostri pazienti vi sono momenti di questo tipo. In questo contesto, le prime due parti del fantasma indicano un tentativo, da parte del bambino, di ridurre questo dolore, questo reale che gli capita, attraverso l’immagine del fratello picchiato, essendo stato egli stesso picchiato dal padre – Lacan dice come segno d’amore, dal momento che il padre li riunisce nei colpi dati o ricevuti.
Potremmo individuare lì, la parte masochista di questo fantasma. Questa parte, dice Lacan, è simbolica del colpo che egli riceve dall’Altro, il colpo del destino, della sorte, che abolisce, che lo barra. C’è già qui attivo un reale che barra, che segna. E poi ecco il terzo tempo del fantasma: ebbene questa formula “un bambino viene picchiato” è staccata dalla storia, contiene in sé stessa una parte di reale, non si è più nella storia; nessun soggetto designato; la parola ”picchia” indica che il soggetto è invitato a costituirsi nel significante “un bambino viene picchiato”.
Ossia, per dirlo diversamente, in questo terzo tempo il soggetto è sottomesso, obbligato ad uno sviluppo della simbolizzazione, è obbligato a fare qualcosa di questo.
È così che, quando si colgono questi significanti che hanno segnato la storia del soggetto, li si estrae dal loro contesto di senso.
Lacan, lo sappiamo, dopo il significante ha privilegiato la lettera per la sua parte di reale. E Lacan lo dice, con questo avvenimento, per il bambino, ciò che il bambino deve fare, deve compiere un’operazione di spostamento, deve separarsi dalla madre, dal momento che il padre lo iscrive in una legge. Deve separarsi dalla madre, ossia dall’illusione che la madre fosse tutta per lui e che lui fosse tutto per la madre, dal momento che l’arrivo di un nuovo fratellino indica che il desiderio della madre era portato anche altrove.
Ecco, in questo testo, proposto alle giornate di Chambéry, Melman dice che bisogna che ciò che ci comanda prenda coscienza, ossia deve passare attraverso una parola, perché verbalizzare ha un effetto terapeutico. Se non è appunto altro che far passare nell’ordine della parola, che implica anche il non-tutto. Ma questo a condizione che ci sia stata la possibilità per questi significanti di staccarli dalla storia del soggetto, dal loro solco immaginario, perché sono incollati alla storia del soggetto, per rendere ad essi la loro dimensione di reale, attraverso sia l’interpretazione sia anche la possibilità che un significante possa essere staccato e attraverso la cura, così se ne può dire qualcosa d’altro. È vero c’è l’interpretazione, ma deve esserci, per questi significanti, la possibilità di farli entrare in una dialettica. E poi vi è bisogno di un’altra operazione: bisogna staccare i significanti dai soggetti che ne sono portatori. Ricordo anche qualcosa, che non mi è sfuggito, di ciò che disse Melman. Disse: abbiamo dei maestri, meglio dei maître; come collocarsi rispetto alla loro parola? É Melman che lo dice, spesso dice qualcosa di giusto: nei gruppi analitici ognuno sostiene il proprio analista e la loro parola non è colta al di là di essi stessi.
Come quindi staccare i significanti che arrivano dai nostri maître e ridare ad essi la loro parte di reale, per dialettizzarli e dare ad essi una nuova vita?
È la stessa cosa per bambino del fantasma “un bambino viene picchiato”. Bisogna che faccia un salto, un salto di staccamento dalla madre.
E allo stesso tempo vorrei ritornare con voi su due concetti, che ho continuato a lavorare in questi due ultimi mesi, che si trovano nel Seminario La relazione d’oggetto, ossia i concetti di “frustrazione” e di “privazione”.
La relazione d’oggetto è un seminario molto importante che nei fatti segna un punto di svolta che andrà a separarlo dai freudiani, perché per lui la relazione d’oggetto è la relazione con la mancanza d’oggetto ed è la mancanza che sarà organizzatrice, per il soggetto, del suo desiderio.
Ecco la frustrazione – dice Lacan – è un tempo in cui il bambino si trova in un contesto di prematurazione, ha bisogno della madre; è il tempo del nutrimento, e in questo tempo, è confrontato ad un allattamento aleatorio, ad un certo punto, e a una madre, che essa stessa può trovarsi aleatoria, presente o assente.
E Lacan ha questa genialità di mettere in seguito, di articolare subito, immediatamente, la questione che si pone appunto il bambino: “che cosa vuole la madre” – è un enigma. E questo enigma, di cui è portatrice, che suscita nel tempo della frustrazione, questo enigma, questo enigma è completamente legato alla madre. Nella misura in cui questa andata e ritorno dell’esserci e non esserci della madre, nella misura in cui c’è questa dipendenza dalla madre, la madre è percepita dal bambino come onnipotente. E quello che fa enigma, per il bambino, in questo momento è legato all’onnipotenza della madre, a un’onnipotenza legata alla madre.
La “privazione” è una parola che Lacan conserverà per molti anni nel suo insegnamento, e poi la lascia da parte – e non sono riuscita finora a rispondere a questo enigma: perché ad un certo punto abbandoni “la privazione”? Perché dice, ad un certo punto, che è un’intermediaria, la privazione, per comprendere la castrazione.
La privazione, chiaramente da intendersi su un piano strettamente simbolico, è un tempo mitico, ma che nelle cure si può cogliere, sentire, in cui la madre è mancante. Perché è mancante? Perché si interessa ad altre cose che a lui. Il fallo, che immaginava potesse detenere, è obbligato a rendersi conto che il fallo è altrove, nel migliore dei casi, perché possiamo dire, ecco nella nostra clinica, possiamo renderci conto che una donna, diventata madre, non si interessa più al suo compagno e tutta la sua libido è portata sul bambino.
È quindi un tempo molto importante per un soggetto, se ha potuto rendersi conto che la madre è interessata ad altre cose rispetto a lui e che quindi è mancante: manca quindi di qualche cosa -potremmo dire che manca del fallo. È un tempo in cui, per il bambino, la madre si divide in due tra la madre e la donna. E in questo tempo della privazione, per esempio nel fantasma “un bambino viene picchiato”, si arriva a incontrare la privazione; e ciò che fa enigma per lui e si è costituito nei significanti del grande Altro materno, viene staccato dal corpo della madre, potremmo dire, per prendere questi significanti un loro filo e una loro filiera indipendente.
Ho dimenticato qualcosa di molto importante, ossia che per far uscire, per far uscire, staccare questi significanti dal grande Altro materno, c’è stato bisogno che si sia confrontato con il bagno di parole della madre. E la formulazione, l’attuazione della sua domanda, a partire da questa trama simbolica, fa sì che effettivamente per lui l’oggetto può prendere vita al di fuori del corpo della madre, al di fuori del grande Altro materno.
Quando parlo di oggetto – complico un po’ le cose – ma se vogliamo continuare nella stessa filiera della questione dei significanti, l’autorità dei significanti che organizza la nostra vita, vengono da questa storia con la madre, da questo luogo e legame materno. Questo per dire che, affinché i significanti non siano più nel regno sotto il potere del masochismo e ritornino ad essere un’autorità, devono essere staccati dalla madre – certo che la metafora – ma staccati dai soggetti. Ossia le difficoltà che possiamo avere nell’incontrare dei soggetti, in un primo tempo abbiamo la tendenza ad attaccare la persona, e poi nel lavoro analitico che si può fare si staccano dei significanti, che poi vengono legati nuovamente, rilegati ai nostri propri significanti.
Ecco un aspetto che consideravo molto importante per quel che concerne il masochismo.
Per quanto riguarda il masochismo vi è stata la tendenza a pensare che vi fosse un masochismo femminile. Ne Il problema economico del masochismo, Freud dice che questo non c’è, ma quando i fantasmi riguardano l’umiliazione, c’è la tendenza ad attribuirli alle donne, ma dice che per gli uomini può essere la stessa cosa. E quindi questo non ci autorizza a dire che ci sia un masochismo prettamente femminile. E Lacan, a proposito di questo fantasma, dice esattamente la stessa cosa.
Ecco, quello che mi permetto di dire è, per esempio, che questa questione della privazione, Lacan dice che è proprio lì che si trova la castrazione per una donna. Dire che la madre è mancante, è dire in un certo modo che ella non ha il fallo, riguardo sia la questione femminile.
Nel Seminario La relazione d’oggetto Lacan dice: ciò che manca è fallico, così come ciò che non manca. Insomma ciò che interessa agli uomini è la mancanza nell’Altro e in una donna.
Questa questione della mancanza – faccio certo un salto, ma è chiaro che una donna ha un rapporto privilegiato con il reale, con la mancanza. Come va a sbrogliarsela con questo rapporto privilegiato con il reale? Quando si dice “mancanza” non è che si ha tra le mani qualcosa.
La donna ha due soluzioni: o si appoggia all’oggetto del padre o resta nel suo rapporto privilegiato con il reale, prima di tutto, e poi con la madre. E quindi in questo caso – devo confessare che mi interessa molto questa questione del rapporto privilegiato della donna con il reale, perché per un soggetto è la possibilità di simboleggiare, obbliga a entrare nel registro del simbolico, obbliga a inventare, ma a condizione che la madre abbia potuto indicarle che questa mancanza aveva un valore fallico; diversamente può restare un avvicinarsi alla domanda materna.
C’è tutta la nostra clinica, quando, per alcune ragazze, non ne sono state manifestamente riconosciute dalla madre, non hanno un proprio domicilio e quindi anche il rapporto con il reale è un rapporto persecutorio, in un primo tempo – ossia questa mancanza non ha bordi, non è contenuta – e in seguito, c’è anche una difficoltà a staccarsi dalla madre. Tutta la nostra clinica è fatta da questi rimproveri che una ragazza può fare alla madre, nel tentativo di separarsi da lei nel reale, per farvi ritorno rapidamente. È un punto che potrei chiamare masochista, comunque è un punto doloroso.
Per concludere, direi che i lacaniani non sono dei sostegni per il masochismo, perché quello che noi sosteniamo è il desiderio.
Nelle prove che i nostri pazienti hanno sperimentato, le loro storie di famiglia, oppure le loro storie attuali, che possono essere percepite particolarmente come invalidanti, ciò che noi privilegiamo nel nostro ascolto è dove si è agganciato il loro desiderio, ciò che hanno imparato dalla loro storia, che può essere il punto di appoggio per le loro cure; privilegiamo degli elementi che sembrano concepire il loro desiderio e, anche in questo, privilegiamo ciò che li separa dal desiderio dell’Altro e che sono appunto il soggetto della domanda. Penso a dei pazienti che hanno avuto a che fare con delle madri depresse o altri che sono nati dopo la morte di un fratello o di una sorella e che hanno dovuto sbrogliarsela con questo godimento materno rivolto verso questo bambino morto e che paradossalmente si sono interessati all’enigma del desiderio della madre – insomma ne hanno avuto una certa intelligenza, e ci permette nel lavoro con loro di cogliere così ciò che riguarda il loro desiderio, ossia passare dal masochismo all’autorità del significante. Christian mi ha appunto ritrovato questo passaggio dal Seminario Les Noms du Père: “là dove il desiderio fu cacciato, ciò che noi abbiamo è il masochismo”.

Dr.ssa C. Gurnari Quel passaggio – non so se ne aveva parlato prima – a proposito della lettera e del significante e poi hai parlato dello staccamento, dello staccare dei significanti …

F.R. Ci sono due momenti nel lavoro di Lacan: prima c’è stato un lavoro in cui si attaccava i significanti e poi è passato alla questione della lettera perché ogni volta Lacan cerca sempre la questione del reale. Insomma, però è vero che nella cura, ma anche come considerazione generale, bisogna che i significanti, affinché i significanti prendano un’altra dimensione, perché si trasformino, bisogna che essi prendano una parte di reale, una parte di enigma. Se sono semplicemente staccati dalla storia familiare, si può prendere appoggio su di essi per farne altro. Possono essere già dialettizzati, si può togliere ad essi la loro parte dolorosa e farne un vero e proprio lavoro analitico.

Dr.ssa C. Gurnari Questo corrisponde a un lavoro con la lettera …

F.R. Il significante si può staccare. C’è un esempio magnifico. Conoscete questo esempio dato da Melman? Una paziente che dice: “sono nata in un giorno di neve”. E Melman le ha chiesto: come scrive “neve”? E lei ha staccato “n-ei-ge”, ha staccato le lettere.

Dr.ssa M.Drazien. Bisogna scrivere sulla lavagna perché altrimenti non si capisce … È una domanda: “Non avrei?”. Ecco, rinvia alla mancanza di qualcosa che non ha avuto in quella giornata di neve, in cui è nata.

Dr.ssa J.Venneman N’être …

Dr. C.Alnarello Insomma questa paziente ha poi potuto lavorare questo significante.

F.R. Mi sembra che sia il registro della voce che ha lavorato, ma anche forse dell’essere. E quindi ha potuto rendere in un certo modo tutta una parte della sua storia.

C.R. Ecco, però per rendere al significante tutta la sua parte di reale, bisogna passare attraverso la scrittura: la messa in esergo della lettera.

F.R. Sono d’accordo.

C.R. Mi sembra che Lacan dicesse, a proposito del desiderio dell’analista, che il desiderio dell’analista sia il desiderio della differenza assoluta. Insomma, dare al significante tutta la sua dimensione di differenza pura, ossia di reale, e quindi questo conduce anche all’incontro con il reale del significante, anche con la sua materialità – perché lo dice spesso. Insomma, la differenza assoluta è ciò che permette di staccare, individuare l’oggetto piccolo a.

F.R. Ecco io, per arrivare a questo lavoro, ho cercato di mostrare il lavoro di distaccamento che occorre fare nel percorso di una cura.

M.D. Cioè staccare l’immaginario.

F. R. È vero che ci sono sempre le tre dimensioni. Ma ho cercato di dire che bisogna staccare questi significanti dall’immaginario, per legare nuovamente reale e simbolico. Adesso non è possibile che non vi sia.
Alcuni testi cercano di passare per l’immaginario per accedere al buco nel reale.

Dr.ssa J.Venneman Più di vent’anni fa, Catherine Millot ha parlato del masochismo e ne ha parlato in rapporto al godimento e al godimento dell’Altro, non altro godimento, godimento dell’Altro. Cioè, già interrogare il godimento dell’Altro, per esempio, il godimento della madre, è una posizione masochista?

F.R. È quello che ho cercato di dire. Ecco, questo godimento dell’Altro, questa interrogazione sul desiderio della madre, ho cercato – penso che sia sempre presente nella questione femminile – ma la mia clinica mi fa pensare è che la madre si sia trovata in difficoltà con la figlia; ossia quando la mancanza della madre, la figlia non ha avuto l’impressione fosse fallicizzata e la madre non avesse quindi la capacità di fallicizzare sua figlia – compresa la questione del narcisismo.
In Freud c’è un esempio, il caso della giovane omosessuale, ma anche con Dora. La giovane omosessuale aveva una madre rivolta al mondo, alla società, alla bella vita, che non si è rivolta, girata verso sua figlia e quindi la figlia si è rivolta, girata verso il padre. Ho detto infatti che c’erano due soluzioni: rivolgersi verso il padre o restare sulla mancanza materna.
Spero che questo vi abbia fatto un po’ di eco, di risonanza.

M.D. Trovo che la dottoressa abbia inventato un modo di dire delle cose, prima alcune cose che sappiamo sulla nascita del desiderio, ma soprattutto questo tratto clinico che prepara questo salto, che è possibile fare clinicamente, attraverso l’analisi, trasformando un significante legato al corpo materno, implicitamente coinvolto nella corporalità materna, trasformando questo significante, dando un altro statuto a questo significante, uno statuto che riesce a personalizzare – se vogliamo, è un po’ strano dire personalizzare un significante, perché un significante è sempre qualcosa che fa parte del discorso del soggetto, è sempre eminentemente soggettivo; però facendo questo salto è possibile effettivamente, dare una nuova vita a questo significante, inserendolo in un nuovo contesto, diciamo per anovinghiarlo, se possibile, cioè togliere questo aspetto di assoggettamento, che aveva quando era così legato, così implicato in questo rapporto uno con la madre, questo rapporto unitario, in questo fare uno con la madre – che noi riconosciamo in molti casi di psicosi, che sia un delirio a due o che sia semplicemente un rapporto di interdipendenza, che chi ha l’esperienza della psicosi, riconosce facilmente.
Questo caso certo, è il caso in cui la madre certamente non riesce a fallicizzare la propria mancanza. E questo è trasmesso tra madre e figlia e questo è alla base dei casi, dei sintomi.
Questo è molto originale trovo, Françoise. È un apporto veramente particolare, dalla parte della dottoressa, questa sera, qualcosa che è tratto dalla sua esperienza clinica professionale. È la sua opinione su questi problemi, non è da manuale.
Non avevo percepito bene questo titolo, cioè Masochismo, e/o l’autorità del significante,che cosa aveva proprio in mente, quando parlava dell’autorità del significante. Certamente adesso abbiamo un’idea più chiara di ciò che indica. Cioè l’autorità del significante diciamo che sarebbe il significante che noi recuperiamo in qualche modo dalla scena.
È molto interessante questo aspetto clinico. Voi che dite? È certamente importante per il caso della giovane omosessuale, che è stato citato certamente, ma per tanti casi di psicosi, tanti.
Penso che siamo grati di questo apporto, che ci fa fare un salto, a noi, nella nostra clinica.

(Trascrizione a cura di Paola Giovani, traduzione consecutiva di Carlo Albarello, testo non rivisto dall’A.)