Dove si trova il problema del nevrotico? – di Renata Miletto

Conferenza sulla lezione del 18 giugno 1958 del seminario di Jacques Lacan, Le formazioni dell’inconscio.

di Renata Miletto

Dr.ssa Muriel Drazien: “Le formazioni dell’inconscio è un seminario del ‘57 – ’58, cioè uno dei vecchi seminari di Lacan, se consideriamo questo periodo, ’57-‘58 uno dei primi periodi della articolazione di Lacan, i primi periodi in cui Lacan insegnava ancora al Sant’Anna. È un periodo che, possiamo dire, va fino alla fondazione dell ‘Ecole Freudienne di Parigi, cioè è il momento in cui la sua ricerca era diventata più libera, meno legata all’istituzione freudiana da cui proveniva. La scissione si era già avverata e questo, “Le formazioni dell’inconscio” è allora uno dei grandi seminari di questo primo periodo”.
Dr.ssa Renata Miletto: “ Si, è uno dei primi ed io l’ho scelto come testo per l’insegnamento a Torino e ormai sono tre anni che ne leggiamo ogni anno una qualche parte, perché è un seminario che ha tutta quella facilità di lettura che i seminari successivi, l’elaborazione successiva perde, e perde non a caso, ma permette, nella lettura, di poter prendere, lavorare, chiarire alcuni concetti fondamentali; quindi questo è uno dei motivi per cui ho incominciato a lavorarlo. C’è anche da dire che è un seminario tradotto in italiano e questo è un altro elemento che permette di poterlo lavorare facilmente e poi perché lo trovo, in effetti, un seminario molto bello e molto…Come dire, molto ricco. Il volume, le lezioni sono lunghe, ce ne sono tante ma è tutto centrato sull’effetto del significante nell’ inconscio. Questo è il titolo dell’argomento di tutto il seminario e “Le formazioni dell’inconscio”, il titolo effettivo del seminario, tutto lungo questa sua elaborazione non sono solo le cosiddette formazioni dell’inconscio e cioè il tratto di spirito, il sogno, le dimenticanze, gli atti mancati, ma man mano, queste tra l’altro sono oggetto delle prime lezioni; ad esempio, tutta la prima parte è sul tratto di spirito, la seconda parte è sul processo che il significante da avvio di soggettivazione, nell’individuo la nascita del soggetto insomma. A questo punto, a lungo parla dell’Edipo, del nome del padre e poi passa a parlare dei sintomi e delle strutture nevrotiche, quindi formazioni dell’inconscio anche intese come le forme a cui l’effetto del significante sull’ inconscio da vita. Le forme, le azioni e cioè azioni, reazioni che produce il significante nella posizione del soggetto che si muove, diciamo, e prende una certa posizione al discorso in cui si trova inserito. Quindi da intendere veramente come un significante queste formazioni. Forma, formazione formulazione, formalizzazione… Dicevo che lo trovo particolarmente ricco e importante da conoscere per chi si avvicina alla psicoanalisi di Lacan e alla sua elaborazione, intanto perché, come appunto ho detto, c’è questa questione dell’effetto del significante, noi sappiamo che è una cosa centrale, ma anche perché è tutto pieno di indicazioni riguardo alla direzione della cura, alcune esplicite, ma anche se non esplicitamente, la lettura di questo seminario, lo studio di questo seminario permette, a mio giudizio, veramente di capire perché, ad esempio, in una posizione analitica che consideriamo corretta, secondo questa teoria di Lacan, ci siano da ascoltare i significanti e non i significati, non si capisce bene perché non si tratti di rispondere alle domande che le persone ci rivolgono, più o meno esplicitamente, venendo da noi. Più di qualunque insomma indicazione, come dire, diretta in una formazione, non si fa così piuttosto che, ma avendolo letto e lavorato un po’ effettivamente , non si può più fare così, o anche se poi in realtà si è tirati nelle direzioni più immaginarie, ma è una cosa che si può capire piuttosto bene perché no. Quindi anche delle indicazioni sulle direzioni della cura. Rispetto sicuramente ad altri seminari più avanzati, è un seminario molto, e questo rende facile alla lettura, ma è una trappola per altri versi, perché è un seminario in cui ha molto spazio la spiegazione dei fenomeni, la spiegazione, quasi appoggiandosi su una illustrazione quasi genetica della nascita di un soggetto, soggetto e bambino, quasi c’è continuamente questo scarto, Altro e mamma vanno molto spesso parallelamente e questo è indubbiamente una trappola, ma è anche se lo si sa e si cerca di non caderci troppo aiuta, a comprendere. È vero che Lacan dice che non bisogna precipitarsi troppo presto a comprendere, ma io ritengo che ci sia anche il momento e del resto il fatto di attivare una scuola questa considera questo momento, questa necessità anche di elaborare nell’immaginario di elaborare dei fenomeni che sono fenomeni che si producono per il fatto che c’è la parola nella parola significante e dunque simbolico, ma che questo simbolico ha degli effetti sull’immaginario e sul reale e dunque poter dispiegare questi anche parlandone in maniera immaginaria, non è del tutto inefficace per la nostra formazione. Dicevo che più avanti tutto questo cade, non si trova più nel seminario di Lacan, più avanti nessuna di queste spiegazioni, nessuna di questi racconti non si trovano assolutamente più, ma proprio perché il suo desiderio era quello di arrivare ad una formalizzazione di questi effetti il più possibile priva di supporto immaginario, e semmai fornendole un supporto in una lettera, in un disegno, in uno schema, in un matema che poi però ci dice in maniera molto chiara: “dobbiamo ricominciare a rivestire, e a reincarnare, a reimpolpare con delle costruzioni immaginarie. Tutto sommato adesso che stiamo leggendo i seminari più avanti, degli anni ‘70, sul nodo Borromeo, alla fine ciò che cerchiamo di fare, e non penso che si possa tanto evitare, è di dare una carica immaginaria a questo nodo, per poter riconoscere la sua, come dire, la sua incidenza in quella situazione li, in quel discorso li, in quel caso li. Del resto per poter, ad esempio, anche soltanto capire il salto che Lacan fa con il nodo Borromeo e la questione della perdita di centralità della funzione fallica nel nodo, il nome del padre che se funziona funziona come sintomo, il quarto anello, rispetto ad esempio al primo nodo quello a tre…Ecco, allora, io credo che sia necessario che abbiamo in mente che cosa sia i concetti e le nozioni che appunto poi vengono superati. Bon, tutta questa introduzione…
La parte che vi propongo questa sera è la parte in parte ho fatta, in parte farò a Torino, sull’ultima parte del seminario, nella quale ultima parte riprendendo, perché riprende continuamente e anche molto così sostanzioso questo seminario, perché riprende continuamente le cose e questo dal punto di vista nostro va bene.”
Dr.ssa M. Drazien: “E’ proprio in quest’ultima parte del seminario tratta la questione del sintomo che è proprio sul…Per noi che lamentiamo il sintomo in questo momento è estremamente utile rivedere da dove è partito.
Dr.ssa R. Miletto: “Certo, il mio contributo stasera è un po’ una, si limita ad una illustrazione anche forse un po’ elementare, ma ho creduto che fosse un po’ questo anche il lavoro che dovevamo fare insieme…Illustrazione un po’ elementare di una frase presa un po’, ce ne sono tante, ma di una frase che è appunto quella: “dove si trova il problema del nevrotico?”.
Dr.ssa M. Drazien: “Allora io ho fatto tre punti perché è una frase, è una parte di una frase…”
Dr.ssa Dr.ssa R. Miletto: “Si, è una parte di una frase, la cui formulazione completa è, e questo ci permette, dice, di situare il problema del nevrotico, questo il problema del nevrotico è un problema di rapporto del significante con la sua posizione, nel nevrotico, di soggetto dipendente dalla domanda. Dunque situa subito il problema del nevrotico, e qui a questo punto non fa grosse differenze tra le strutture nella posizione, in cui si viene a trovare un soggetto, tutti i soggetti, all’interno della domanda. Sarà forse una banalità, ma ne dirò tante questa sera, però se qualcuno è già un pochino dentro, diciamo domanda per dire il discorso nel quale il soggetto, il bambino, mi tengo sempre un pochino sulle due, entra, indirizzandolo ad un altro, all’altro, per esprimere il suo bisogno. E in tutta la prima parte del seminario c’è tutta, la dialettica tra bisogno, domanda, desiderio. Dunque un bisogno ha da essere espresso, entra cioè nella domanda, dunque la domanda non è solo il punto interrogativo, ma è un discorso, ma è una domanda nella misura in cui indirizzandosi all’altro, lo, come dire, lo appella per la soddisfazione del bisogno”.
Allora per introdurre ancora questa cosa, piccole citazioni, dice: “ una nevrosi è costruita -siamo più o meno, siamo verso la pagina 470 e poi 500 insomma, in quella lezione, in quelle ultime lezioni della fine primavera del ’58 – “Una nevrosi è costruita, come è costruita, così com’è, per la necessità di mantenere qualcosa di articolato, ma che strutturalmente non è articolabile, cioè il desiderio, grazie a cui il soggetto resta un soggetto diviso e se non è un soggetto diviso il soggetto è folle”. E allora, vi invito a tenere questi come importante questa distinzione tra articolato non articolato, articolabile non articolabile; con questo verbo particolare entriamo, per così dire, nella domanda perché è la domanda cioè i significanti che vengono messi su una catena per fare un discorso, che il bisogno viene articolato. Dunque, una nevrosi è costruita sulla necessità di mantenere qualcosa di articolato riguardo a ciò che la divisione, che il significante produce sul soggetto che parla, produce qualcosa di articolato da un lato e di non articolato dall’altro. Perché il soggetto resta diviso dal significante quando lo incontra, quando lo incontra, senza saper naturalmente, ma questo ha degli effetti su di lui, perché l’espressione del suo bisogno si articola in una domanda che arresta quel significante, potremmo dire quella parola, non diciamo parola perché ciò che ci interessa è il suo valore significante di quella parola e cioè qui adesso non sto a ridire perché penso che su queste cose vi sarete già soffermati, ma è cioè che prima di tutto, prima cioè di avere un significato questa parola è una serie di lettere che possono cioè essere scritte, una serie di fonemi che possono produrre una plurivocità, una…Più di un significato e che quindi mantiene questa parola rispetto al significato che viene ad avere in quella situazione precisa, mantiene un rapporto non fisso, non meccanico non saldato insomma, ma un rapporto barrato, diciamo. Dunque, il bisogno articolato in una domanda arresta il significante in un significato, lasciando un resto al di là. Resto che non è articolato, ma che è necessario in qualche modo tentare di rendere articolabile.
Allora, penso che possiamo, posso fare un primo schema di questo seminario, tra le altre sue ricchezze c’è una prima presentazione dello schema del grafo che poi sarà del desiderio, ma che è un grafo che parte, il grafo del bisogno, il grafo del discorso, il grafo, lo chiamo in parecchi modi e che arricchisce a mano a mano. All’inizio è, ha questa forma. Non so se…Ma comunque, voi sapete che il grafico è rappresentato da una linea curva che ha un inizio, ma questo inizio pone il bisogno…Nella misura in cui è articolato abbiamo detto incontra, lo mettiamo, lo situiamo qua, incontra tutto il tesoro dei significanti, perché incontra tutte le parole, quindi A l’Altro come tesoro dei significanti e a un certo punto del suo sviluppo, qualche cosa di quel, del significante che corre nella catena articolata, qua viene a produrre il senso …Retroattivamente qui non…Ah, scusate, ho dimenticato perché qua incontra la catena significante. Allora a questo livello qua, quindi dopo che è andato avanti, incontra questi effetti del significante che gli permettono…
Dr.ssa J. Vennemann: “E là?”
Dr.ssa R. Miletto: “Il messaggio, Lacan lo chiama messaggio perché è ciò che viene come significato della sua articolazione, quindi il messaggio, il contenuto, che cosa è che viene comunicato, si, lo diciamo il messaggio come parola e prosegue, fin qua , al termine di questo primo schema spesso ha messo “no”, spesso ha messo “rifiuto” …Mettiamo “no” anche per, e poi vedremo. Quindi questa è la catena significante, questo è il discorso nel quale questo bisogno inizia ad articolarsi. Quindi all’inizio in una maniera molto confusa, nascendo come appello poco articolata, comunque il bisogno viene espresso in una domanda, lo supponiamo realizzato solo alla fine del circuito, passando in A, nel tesoro dei significanti mobilita qualche cosa che è preesistente nel linguaggio, il significante che arrivando in M gli dà il senso della sua domanda nella misura in cui retroattivamente in A la può significare, A di nuovo usando la parola. Quindi evoco solo il fatto che avrete trovato spesso che il senso di una frase viene dato a pres coupe, lo si sa solo verso la fine di una frase, che cosa all’inizio la frase aveva intenzione di dire, etc.. Il messaggio quindi viene ripreso in A come proprio è questo che dico e, sempre tenendo questi due livelli che non sono facili da tenere, diciamo che l’altro, il grande Altro dà la risposta, perché possiamo, come vi dicevo prima pensare a questo tragitto come a quello del bambino che inizia a esprimere i suoi bisogni alla madre, primo Grande Altro e questo primo altro gli risponde, ma questo è un livello, l’altro è un livello, quello è il significato della sua domanda, l’altro livello. Cosa che comporta una soddisfazione della domanda, ma comporta soprattutto un rimodellamento del bisogno stesso perché è entrato dentro, usa proprio delle espressioni che danno proprio l’idea di una camicia un po’ stretta piuttosto che di una forca caudina…Del resto parla di giogo in altri momenti, del significante perché bisogna fare entrare qualcosa, che è la tendenza, il bisogno, questa cosa confusa che possiamo supporre inizialmente …Quindi c’è un rimodellamento grazie al significante di un bisogno che a questo punto non è più il bisogno di partenza, non è più un bisogno brutto, ma è già una metafora. Cioè passato a un livello, il bisogno che è quello della parola e si è trasferito in questo senso, usa credo il termine metafora, perché ne parla proprio con il termine metafora, si è trasferito, è stato sostituito dalle parole che lo esprimono. E’ qui che allora comincia a esercitarsi nella creazione del significato non solo la traduzione del bisogno, ma anche la creazione di un desiderio. Perché la domanda rimodella il bisogno e dice sempre un po’ di meno e un po’ di più di quello che l’intenzione del soggetto pensava di dire e lascia al di là tutto ciò che del bisogno non è stato articolato, è stato questo bisogno diciamo ridotto, rimodellato, che è stato articolato. Il desiderio, la linea diciamo, lo possiamo situare dopo, qua ad esempio. Tanto per dare una definizione di questo resto che è il desiderio, Lacan dice: “Il desiderio è un bisogno più un significante”. Torno un attimo sulla questione della domanda perché abbiamo detto che la nevrosi è lì che trova le sue impossibilità e si struttura, perché la nevrosi si struttura per rispondere a questa impossibilità. Intanto una domanda per essere accolta, abbiamo detto, e quindi in una maniera più immaginaria a questo punto, deve modellarsi sul sistema di riferimento dell’altro, dunque deve chiedere ciò che suppone che renda nell’altro quella domanda soddisfacibile. Quindi non chiede quello che vorrebbe il soggetto, quindi vedete come resta tutto…Ma quello che suppone che l’altro chiederebbe per poter rispondere alla domanda. Fa un esempio molto divertente, una storiella…Tutta la prima parte che è tutta sul motto di spirito, è anche molto simpatico da leggere, perché ci sono anche parecchie storielle; la storiella del caviale e della maionese, il povero
Dr.ssa J. Venneman: “Del salmone…”
Dr.ssa R. Miletto: “Eh, si del salmone e della maionese”
J. Venneman: “Del salmone e del caviale”
Dr.ssa R. Miletto: “No, del salmone e della maionese, del povero che chiede a un, diciamo, benefattore dei soldi per dei debiti, e costui il giorno dopo, lo trova in un ristorante che sta mangiando salmone con la maionese e gli dice: “Ma Come, non ti ho dato i soldi per questo!” E l’altro gli dice: “ ma insomma, come è possibile, se non ho i soldi perché son povero non posso mangiare salmone con la maionese, se ho i soldi non posso mangiare salmone con la maionese.
Dr.ssa J. Venneman: “E quando mai allora potrò mangiare…
Dr.ssa R. Miletto: “il salmone con la maionese?”. Allora, dà un’idea di come la domanda venga rimodellata nel passaggio nell’altro, nel rilancio all’altro per poter essere accolta e ancora, fa appello a un altro la domanda, perché non è solo il banchiere ad esempio, il benefattore, ma dietro al banchiere, al benefattore fa comunque riferimento a qualcosa che sarebbe di comune a loro due, potrebbe esser la misericordia di Dio, dice Lacan, piuttosto che la solidarietà. Cioè fa appello a un altro che a questo punto fa diventare il banchiere un piccolo altro, a sua volta riferito a un altro grande, bon…Per dare un esempio di come questo discorso che è così scarno a livello strutturale ecco della domanda e dell’effetto del significante, può… Dunque, il suo desiderio di salmone e maionese va a situarsi al di là, su di un punto al di là, appunto dell’altro. Cade di là, bon…Ma dunque il caso di una domanda pienamente accolta, pienamente riuscita cioè che ha ottenuto una piena risposta , che è il caso in cui il bisogno e il desiderio in qualche modo viene realizzato e dunque non c’è più questa scissione, diciamo, possiamo, potremmo quasi usare bisogno e desiderio come dei sinonimi, cosa che invece non facciamo… Questo caso dicevo, è mitico, è un caso che non accade mai per i motivi che abbiamo appena visto e che possiamo supporre a livello, come dire, più simbolico, che possiamo supporre che avverrebbe quando in A si trova quel significante che è capace di dire tutto, di saturare completamente il bisogno, che non produca alcun resto, insomma, dunque è mitico. La domanda cioè, più o meno, è sempre insoddisfatta, la domanda è sempre insoddisfatta e in un certo senso è fatta per essere rifiutata, quel no finale perché appunto l’effetto del significante sul bisogno lo adultera, ne fa un’altra cosa e dunque non può essere soddisfatta questa domanda. “In qualche modo” dice proprio Lacan, “più o meno è fatta per essere rifiutata”. E lo è anche per un altro motivo che cercherò di articolare successivamente, che è nella domanda di qualcosa, nel suo fondo che c’è anche e prima di tutto, la domanda di presenza dell’altro. E dunque diciamo che la domanda si divide a sua volta, e questa presenza dell’altro non può essere, come dire, avvertita se non grazie alla sua assenza, grazie al fatto, ed è tutta la dialettica del fort-dà, e del…Che penso che, comunque penso che poi qualcosa possiamo…Allora questa necessità che resta sullo sfondo, che c’è un significante in rapporto a un qualunque significato che questo significante può prendere, cioè che questo significante resta, è qualche cosa che Freud ha subito incominciato a dire, quando ha incominciato a parlare dei sintomi della isterica e cioè di che cosa non va. E per Freud questa presenza del significante dietro al significato è implicata nella formazione di ogni sintomo. Che cosa è un sintomo, allora? Un sintomo è appunto un significato, o meglio, il prodotto di una significazione, dove, Lacan in questo seminario lo situa in M, come se lo si vuole mettere sul grafo, dove la domanda prende, incomincia a prendere un senso. Quindi il sintomo è quella significazione di che cosa? Di questa divisione che la domanda subisce per effetto del significante. Un altro modo per dirlo, Freud lo dice che il sintomo, dice, è il rovescio del desiderio, si esprime in una maniera di compromesso, esprime il desiderio in una maniera di compromesso. La conversione è l’omologo, dice, nel corpo della significazione del desiderio nel Simbolico, è la scrittura di questa significazione, di questa divisione. Dico divisione, molto spesso qua usa il termine Spaltung di Freud e sennò di questa beanza, di questa distanza, di questo, ma…Dunque il problema del nevrotico lo riprendo è il problema del rapporto del significante con la sua posizione di soggetto dipendente dalla domanda, perché se il desiderio è articolato diventa domanda e dunque non è più quello; se non è articolato, il soggetto, che il soggetto della parola non esiste, non ex-siste, non può; il desiderio non è articolabile perché l’abbiamo detto, ciò che è articolato è stato articolato nella domanda, il desiderio per definizione non è articolabile, ma è supposto esserci al di là della maschera della domanda, che lo articola, è supposto essere là. Quindi dietro la maschera dell’articolazione della domanda ed è un modo per dire che il desiderio è inconscio, non articolabile, inconscio. Il nevrotico è colui, è quel soggetto che cerca di posizionarsi, quindi, tra domanda e desiderio, mirando al desiderio come tale, quindi quello là non articolabile enigmatico, puro, e contemporaneamente cercando di purificare la domanda, togliendo articolazione alla domanda perché è lo stesso movimento, cercando di purificare la domanda, facendo una domanda d’amore; oppure disinfestandola, quindi purificandola in questo senso, disinfestandola dal desiderio. Proprio per, contemporaneamente, testimoniare che si sa, il nevrotico sa che domanda e desiderio sono distinti e divisi, ma che il suo desiderio del nevrotico è che si possa risolvere, che si possa dare una risposta a questa divisione. Avete potuto sentire che, grosso modo, l’isterica si situa, intanto, cominciamo a dire che l’isterica si situa in questo supporto, di desiderio puro, di là della maschera e di fare della domanda una domanda d’amore, mentre per l’ossessivo, per quanto riguarda la domanda si tratta di pulirla dai topi, disinfestarla dal desiderio e di mirare al desiderio come desiderio puro con la caratteristica che è propria, e adesso quando dirò qualche cosa di più delle due nevrosi, lo dirò meglio, spero di riuscire a dirvelo meglio che il desiderio puro, nella sua condizione assoluta, è un desiderio di distruzione dell’altro. Perché pone l’altro come strumento e non come soggetto, come oggetto se è senza meta. Dunque, e qui Lacan in questo seminario le usa spesso queste formule, ve le do: per l’isterica domanda e desiderio, per l’ossessivo domanda o desiderio. Dunque, più precisamente, il soggetto diventa isterico, si struttura come isterico, si posiziona come isterico per tener distinto e separato l’oggetto del desiderio da quello del bisogno, per mantenere il desiderio nella sua forma enigmatica sullo sfondo della domanda e quindi tenendo separati domanda e desiderio e per fare della domanda una domanda di amore incondizionato, perché il carattere non articolato della domanda, Lacan usa proprio questa espressione, “si traferisce sul senza condizione, cioè non è condizionato, non è articolato vuol dire non è condizionato. La domanda d’amore incondizionato è una domanda incondizionata, che si sostanzia in una precisa, in qualche cosa precisa, in qualche modalità precisa di essere amati e non si esaurisce soprattutto. A immagine della sua prima identificazione come io, lo faccio dopo lo schema completo perché man mano aggiunge, Lacan…Allora a imitazione della sua prima identificazione come io, identificazione per cui il soggetto allo specchio si identifica come io, io sono quello, l’isterica si sostiene come soggetto desiderante grazie a una identificazione, dunque questa identificazione è omologa a quella speculare, prende la forma da quella dell’io, dunque l’isterica si sostiene su un’identificazione al desiderio dell’altro, perché il suo desiderio è desiderio di desiderio; dunque questo desiderio va a cercarlo per il dispositivo dello specchio, diciamo, omologamente, lo va a cercare nell’altro e lì dove trova nell’altro piccolo, ma dovete sempre tenere i due piani, quello dell’altro piccolo e dell’Altro grande, lì dove individua nell’altro piccolo questa posizione di soggetto desiderante o suppone che ci sia, lì va a identificarsi, suppone che ci sia, dico, perché l’esempio, gli esempi Freud e Lacan lungamente commenta dell’identificazione dell’isterica, ad es. per Dora, è al signor K. In quanto suppone desideri sua moglie e tutto casca, per Dora, quando scopre che sua moglie non è niente per lui. L’altro gli dice: “mia moglie non è niente per me”. Dunque la costruzione isterica di Dora ben compensata, e non patologica, perché avviene dopo, si ammala dopo, diciamo, crolla, perché non può più sostenere il suo io sull’io del signor K. in una identificazione, giustamente chiamata isterica, che è una identificazione al desiderio e al desiderio dell’altro. In termini meno immaginari e lo schema lo rende in maniera visiva, quindi non immaginario solo fino a un certo punto, ma come dire che il desiderio è prodotto da questo passaggio nel luogo dell’altro, il desiderio è incontrato e si costituisce a partire di lì. Dunque, riprendo ancora un attimo questa cosa dell’identificazione, identificazioni multiple e successive proprie dell’io, a questo punto stiamo parlando dell’io nevrotico, ma c’è sempre da tenere presente che, qual è, che resta enigmatica, qual è, che cosa fa diventare nevrotico, una posizione che in tutti i modi Lacan ci dice è la posizione del soggetto, la situazione in cui viene a trovarsi ogni soggetto, quindi dov’è il patologico? Cercherò forse di dire qualcosa forse sul sogno, ma…
Dr.ssa M.Drazien: “…Sulla creazione del sintomo…”
Dr.ssa R. Miletto: “…Ma del sintomo, si ma del sintomo sentito come sintomo perché sul fatto che ci siano sintomi, è un modo per dire che c’è dell’Io, è un modo per dire che il soggetto attraverso l’io ha dato dei significati inconsci nella sua storia. A un certo punto Lacan dice: “L’io è il sintomo del soggetto”, ad es., e del resto tutto, l’ultimo, questo seminario che stiamo leggendo, fa tutta una, cerca tutta di fare una elaborazione tra ciò che è sintomo, sinthome, quindi qualcosa che tiene l’io, le tre dimensioni del soggetto, e che non necessariamente è patologica. Allora dicevo che la molla di queste identificazioni multiple e successive, che vengono a dare carne all’io del nevrotico, e a rappresentarlo come soggetto, attraverso cui il soggetto che resta diviso a questo punto grazie a causa della domanda e del significante che vi ha incontrato, identificazioni che rappresentano il soggetto e avviene proprio questa molla, l’identificazione, avviene proprio per questo presentificarsi da parte dell’individuo, diciamo così, dell’io; questo presentificarsi dell’io all’interno di un mondo costruito dalla parola, quindi nell’altro, per il fatto che si situa lì, per cui nella mancanza della soddisfazione che è inerente alla domanda , lo dicevo prima, è al soggetto che può accedere alla domanda che il nevrotico va a identificarsi, all’immagine ideale di un soggetto desiderante, notato, come sapete, con S ? a, un soggetto cioè, in relazione all’altro piccolo che in quanto diviso dalla domanda, è desiderante. Dunque, in questo seminario c’è tutto un percorso per cui, da questa espressione del bisogno, l’articolazione della domanda, la nascita, la costituzione del desiderio, arriva a spiegarsi, a spiegarci, perché avvengono le identificazioni dell’io, appunto dice, per questa insoddisfazione, questo no, inerente alla domanda, questa eccedenza, questo resto proprio del desiderio, che il soggetto, Freud dice: “Lascia l’oggetto d’amore e gli si identifica”. Freud diceva: “E’ per via di una delusione che fa questo passaggio”. Lacan lo riprende così: “E’ un’ insoddisfazione, è una delusione che lo spinge e lo spinge a identificarsi, appunto, a quel soggetto che è nella domanda e che è diviso dalla domanda, in maniera omologa al modo in cui lui si è costituito come io. Su questo insiste più spesso, e questo mi ha aiutato anche parecchio a sentire ad es., quando parlando della paranoia, Lacan dice che la conoscenza è paranoica, la conoscenza, non quella del paranoico nella misura in cui, lo è nella misura in cui viene rappresentata, viene rappresentato il mondo a modello, a seconda del modo in cui l’Io, il soggetto si è venuto a rappresentare e sappiamo che questa identificazione è un’identificazione fondamentalmente paranoica perché si identifica nell’altro; paranoia misconosciuta perché l’altro sono io, ma che nella paranoia giustamente, questa mistificazione viene denunciata, è l’altro, io è l’altro, l’altro mi, tutte le volte che questo altro, io sono altro, questo altro se ne va per i fatti suoi e questa identificazione allora diventa persecutoria, etc. etc. Bon, ma qui in questo seminario, appunto in questi primi seminari, viene detto in più di un punto, questa, viene riportata questa strutturazione dell’io nelle identificazioni, che sono identificazioni a significanti, ma significante in quanto rappresenta per il soggetto, che gli si vuole identificare, rappresentano il soggetto che è desiderante, questo per quanto riguarda l’isterica. Ho iniziato a dire che la domanda, nel suo fondamento è sempre una domanda d’amore, perché è nelle sue premesse che sia una domanda d’amore, in quanto è appello alla presenza dell’altro in relazione al termine che nega questa presenza, quindi, il gioco della presenza e dell’assenza, fort-da, vado avanti, scivolo su questo…Quindi è una domanda di domanda, domanda di amore, domanda di un oggetto, il cui valore prima di tutto, è quello simbolico, dato dalla sua presenza. E poi in questa parentesi simbolica trovano posto tutti gli altri oggetti seno, voce , voce prima di tutto, perchè è quell’oggetto diciamo che presentifica in maniera percettiva prima di tutto l’altro. Non so se in questo seminario che stiamo leggendo adesso c’è nella prima parte quella, quella affermazione che tra gli oggetto l’orecchio, tra i buchi…Perché non si può chiudere…Sul sintomo, no?! Perché è quell’orifizio che a differenza degli altri non si può chiudere e dunque mette nella condizione il soggetto di essere sempre nella posizione di sentire, la presenza e l’assenza prima di tutto, attraverso la voce. Si diceva prima, dicevi prima della questione di Czermack, è il transfert sulla voce, ma c’è un motivo, lo dico adesso io, ma penso di non…E’ strutturale nella misura in cui la voce è questo primo oggetto dell’altro, staccatosi da questo primo orifizio del corpo particolare che è l’orecchio che appunto, non è sfintere e non essere sfintere vuol dire che non può arrivare a modulare una dialettica nella sua chiusura e apertura.”
Dr.ssa M. Drazien: “I dei bambini che fanno così…”
Dr.ssa R. Miletto: “Ecco, ma il neonato no, il neonato può avere gli occhi chiusi, può…Ci sono queste straordinarie esperienze che dicono che il feto è sensibile alla voce, Hiltebrandt ne parlava qualche tempo fa, nel senso che, sembra dimostrato che il bambino di pochi mesi ha delle reazioni diverse rispetto a una musica che gli è stata fatta sentire durante la gravidanza rispetto a una musica che non gli è stata fatta sentire. Nei lavori di M. C. Laznik sull’autismo e sulla questione della voce della madre come quella che sarebbe nella sua modulazione capace di fare l’aggancio, di costituire l’aggancio alla pulsione del bambino, anche lei cita queste esperienze, esperimenti che dimostrerebbero che la voce già ha segnato il feto, o no, o no, e lì c’è tutta la…”
Dr.ssa M. Drazien: “O no…”
Dr.ssa R.Miletto: “O no. Prima di riprendere voglio ancora, voglio solo…In questo seminario si sente anche bene questa articolazione tra bisogno, articolazione e continuità, continuità tra bisogno, pulsione, desiderio, cioè sono, bèh in alcuni punti anche in maniera esplicita ad es., quando parla della pulsione…Su una linea continua. Io direi così, a livelli diversi di simbolizzazione, a livelli diversi di come il bisogno a quel punto è stato preso perché il desiderio certo, è l’effetto del passaggio del significante, ma lo possiamo anche rappresentare come uno slancio, una spinta che è propria della pulsione e la pulsione a sua volta sappiamo che per Freud è già significante, è già l’interfaccia, diciamo, del bisogno, non più biologico, ma preso nella parola. Il lavoro con i bambini ad esempio, il lavoro analitico con i bambini lavora molto questo livello della pulsione modellata presa o no in maniera, come dire, sufficiente o non sufficiente nell’Altro. Appunto attraverso la parola dei primi altri e…E che una terapia può trovarsi a dover rimettere in campo questo primo passaggio non ben concluso. Poi parlavamo della domanda d’amore no, che è domanda di presenza, questa presenza quindi è, si situa a una dimensione in cui questa presenza è simbolizzata perché è su uno sfondo di assenza e mira cioè all’essere. E’ la presenza dell’altro, non del suo avere, del suo essere, nell’esserci, quindi non legata ad alcuna situazione particolare che sarebbe comunque una risposta alla domanda, è una domanda incondizionata, lo dicevo, mentre nell’al di là della domanda, di questa domanda incondizionata si delinea il carattere di condizione assoluta di desiderio, cioè di un desiderio che resta senza misura rispetto a qualunque bisogno di qualunque oggetto, quindi condizione assoluta del desiderio, la quale abolisce la dimensione dell’altro, perché chiaramente in questa situazione di estremizzazione, diventando condizione assoluta del desiderio, non è più questione che l’altro si presenti come quello che può o non può rispondere. E’ chiaro che non è più questione di questo, l’altro non c’è più. Allora abbiamo parlato di desiderio, non è ancora il desiderio sessuale, a volte noi facciamo difficoltà a distinguere perché il desiderio sessuale è proprio quello che viene in quel posto, lì dove c’è questa distanza tra domanda e desiderio, che nessun desiderio può colmare per il motivo che dicevo prima: se si articola diventa domanda, se non si articola, etc…. Il desiderio sessuale viene proprio a rispondere lì in quel punto lì, in quella beanza lì, in quella problematicità lì, di questa distanza, ed è per questo che si presenta al nevrotico come ciò che non funziona; perché non risponde ad alcun bisogno particolare, razionalizzabile, anzi, per poterlo dire in qualche modo Freud dice che risponde all’esigenza della specie, non dell’individuo, dice che è per la riproduzione della specie e non è un, non risponde diciamo a all’esigenza dell’individuo o comunque è al servizio del…Ma è per dire che appunto non risponde, è un desiderio molto particolare, diverso da tutti gli altri e si colloca molto male all’interno della domanda d’amore in quanto l’altro qui si trova come strumento, sia l’Altro grande che l’altro piccolo che è l’oggetto di questo desiderio. E’ banale evocare tutta la questione della separazione tra amore e desiderio nel nevrotico, per cui, non so, nell’ossessivo è molto chiaro, ma nell’isterica non lo è meno, perché semmai acconsente al desiderio sessuale per rispondere alla domanda d’amore, per intercettare, per dar posto alla domanda d’amore. Dunque è problematico. Quindi ho detto qualche cosa prima della isterica, ugualmente l’ossessivo si struttura per tenere separati i piani del desiderio e della domanda e evitare il collasso del desiderio, che dicevo prima, è il collasso anche del soggetto perchè non può ex-sistere se non in riferimento a questa divisione e dunque a questo desiderio che si produce. Il desiderio a cui mira è un desiderio puro, che nega l’alterità, che sarebbe inclusa nella domanda incondizionata d’amore e quindi è distruttore, e abbiamo qui tutta la spiegazione di Freud sulla defusione dell’amore e l’odio molto precoce nell’ossessivo, nell’ambivalenza, appunto, nella aggressività che sarebbe un carattere proprio di questa nevrosi. Mentre trasferisce il carattere di condizione assoluta del desiderio sul bisogno, dice Lacan di questa…E di qua tutta la sintomatologia propria dell’ossessivo che cerca di stare, di saturare la domanda, di essere domandato e che la domanda sia pulita del desiderio; quindi trasferisce il carattere di condizione assoluta del desiderio sul bisogno, dunque, sulla domanda che, le idee fisse e questo carattere particolarmente angosciante o comunque intollerabile che ha la domanda dell’ossessivo, ha una forma, è sentita con una intensità, una forma di, una forza di penetrazione dalla quale generalmente chi gli è vicino sente il bisogno di allontanarsi e di difendersi. Quindi alla fine, desiderio di distruzione dell’altro e questa è la condizione che mette l’ossessivo in questa posizione di paralisi e di impossibilità, di contraddizione profonda rispetto al desiderio, perché per sostenere questo desiderio l’altro va mantenuto e nello stesso tempo per realizzarlo come assoluto l’altro va distrutto, per cui la soluzione è quella della tenuta a distanza e della rinuncia del desiderio impossibile, distanza dall’oggetto e nello stesso tempo per mostrare questo, per mostrarsi tutto il cotè di performance, di expluà che è proprio dell’ossessivo, cioè lui ce la fa in una forma forzata di performance, riesce e va…E c’è una forma di, come dire di…Ripetizione che gli permette di mostrarsi, c’è come soggetto desiderante, l’ identificazione che gli è propria anche lui come nevrotico, si appoggia sull’identificazione, identificazione, a questo punto non all’io attraverso cui si può supporre il soggetto desiderante, all’io pensato nella domanda, quindi diviso dalla domanda, l’isterica, ma all’io forte, all’io di un altro, che è quello che dà la prova di un, non l’ho ancora usata la parola, ma la uso adesso “fallo”, di tutto il potere e tutta la potenza del detentore del fallo, che corrisponde a questa sua tendenza a schiacciare il desiderio sulla domanda, a ritrovare una domanda ripulita, piena. Quindi un’identificazione che si batte piuttosto sul registro dell’identificazione narcisistica. Il nevrotico ovviamente non sa che questo tentativo è un tentativo impossibile, per quanto gli è necessario per resistere, per ex-sistere come soggetto e che la sua non è che una deviazione per evitare la divisione, per evitare di tenere conto di questa divisione, ma naturalmente l’analista deve saperlo, lui, invece, e saper sostenere questo desiderio senza incoraggiarne gli aspetti impossibili, cioè senza in qualche modo mettersi nella condizione di suggerire che alla fine, quando l’analisi sarà finita, quando blah, blah, alla fine potrà essere data una soluzione a questa contraddizione, a questo paradosso, a questa distanza, a questa divisione. Bon…A questo punto, non so, ditemi, dimmi tu…”
Dr.ssa M.Drazien: “…Tu come hai intenzione di farlo…Questo è propedeutico”
Dr.ssa R. Miletto: “D’accordo…Questo è?”
Dr.ssa M.Drazien: “Questo è propedeutico, cioè è necessario alla base per procedere sull’insegnamento lacaniano, essendo uno dei seminari proprio all’inizio…”
Dr.ssa R. Miletto: “A questo punto però, ho pensato di fare un salto, ma per rendere conto anche a me e alle persone che supponevo, ma a me prima di tutto naturalmente nel momento di, di che cosa…Lacan ha continuato a dire anche se non dice più questa cosa, non parla più di domanda , non parla più di bisogno, non parla più di tutto ciò, cos’ha voluto dire più avanti quando ad esempio, nel ’74 la citazione non, non è troppo breve, ma neanche troppo lunga in un intervento…”
Dr.ssa M. Drazien: “Scusami, hai capito perché ho detto propedeutico…”
Dr.ssa R. Miletto: “Si, si”
Dr.ssa M. Drazien: “Perché Lacan ha proprio, inizia su questa base di…ma all’inizio non si sapeva che cosa fosse la differenza tra la domanda e desiderio, bisogno, insomma era tutto un gran miscuglio”
Dr.ssa R. Miletto: “Certo…”
Dr.ssa M. Drazien: “Finchè lui non abbia messo…”
Dr.ssa R. Miletto: “E comunque è anche esemplare di un modo di procedere, per cui ha incominciato dicendo: “Ma insomma, in realtà, buona parte di questo seminario è una risposta ad una pratica dell’analisi, della realizzazione dell’analisi che veniva fatta allora, alla società di Parigi, per cui c’era una direzione della cura che rispondeva alla domanda, che significava il fallo, io del fallo non ho parlato, e non credo che parlerò questa sera, anche se era pronto, sarà pronto per le mie lezioni, perchè volevo tenere due o tre cose, non metterne insieme troppe, ma per dirla molto brevemente, a questo punto Lacan chiama fallo il significante di tutto ciò che abbiamo detto che si situa in questa divisione, lo chiama significante dell’effetto di significato prodotto dal significante, lo chiama significante del desiderio, lo chiama significante della mancanza e cioè è quel, quella funzione che a un certo punto grazie a qualcosa che Lacan chiama metafora paterna, non ne parlerò anche qui, ma è tutta, diciamo, la seconda parte di questo seminario, qualche cosa che entra in funzione nel soggetto per cui in qualche modo a lui è significato che c’è il significante del tutto inconscio, perché è un significante inconscio dice anche, è un significante senza significato, non ha mai un significato perché è un significante in fondo della significazione, e cioè di una significazione barrata, che c’è del significante, io direi…E naturalmente, a proposito dell’ossessivo di prima, c’è fallo e fallo, c’è il fallo immaginario, preso nel suo versante, quello simbolico e appunto quello della, il significante della significazione, è un simbolo, ma adesso non voglio complicare troppo perché mi viene da dire quello che viene nell’immaginario, nella fobia, ma non complichiamo troppo le cose…Dicevo c’è fallo e fallo, c’è il fallo che è significante di tutto ciò e dunque quello che viene rappresentato velato e che non si svela perché dietro il velo, se il significante ha quello che abbiamo detto adesso, non c’è nulla perché è un puro significante, non ha figura! Non ha figura…Oh è il significante che si può appoggiare anche alla possibilità della erezione e della tumescenza, ma di entrambe, significazione, scioglimento della significazione, perché si passa a un altro significato, ma c’è il fallo che ha un valore più simbolico che spessore significante e che è quello della potenza creatrice della vita, e che può dunque ben essere quell’oggetto a cui mira il desiderio di esserci in tutta la propria potenza, ma ho fatto una digressione che non, che non svilupperò ulteriormente, dunque che non…No, invece quello che volevo proporvi adesso era di prendere queste cose di cui ho parlato a partire invece da un testo di Lacan successivo, vi dicevo degli anni ’70, dove parla delle formazioni dell’inconscio in termini…E’ preso dal congresso di Lacan all’Ecole Freudienne nel novembre del ‘74 e lo potete trovare nella parte, nell’annesso nei Nomes dupes errent, nell’edizione dell’Associazione sul fondo. Dice Lacan: “Non ho mai parlato di formazione analitica, ho parlato di formazioni dell’inconscio, non c’è formazione analitica, ma dall’analisi si libera un’esperienza che del tutto a torto si qualifica didattica”. C’è tutta la polemica che Lacan svolgeva in quell’epoca, per la quale anche è stato poi, è stato già estromesso, perché di quegli anni precedenti, sull’analisi didattica, non c’è analisi didattica, non c’è formazione analitica perché dice, ci sono le formazioni dell’inconscio, quindi sentite l’importanza di significante che dà a questa espressione “formazioni dell’inconscio”. “Perché credete che io abbia cercato di cancellare del tutto il termine di didattica e ho parlato di psicoanalisi pura? Questo aveva una certa direzione. Tutto ciò non impedisce ad una analisi di essere didattica” –ritorno-, “ma il didattismo della cosa, ecco come potremmo situarlo”, salto…Dunque in che cosa situare il didattismo proprio di una analisi? Un’esperienza analitica implica, ed è qui che è didattica, certamente la conquista di un sapere, di ciò che si può abbordare di questo sapere che è lì prima che noi lo sappiamo, cioè l’inconscio, dunque l’articolabile del non articolabile, tanto per riprendere…Il soggetto dopo un’ analisi ha potuto apprendere attraverso che cosa si è prodotto. In questo senso e in questo soltanto un’analisi è didattica. Il tutto così, ha potuto apprendere che cosa si è prodotto, l’inconscio, il soggetto di questo inconscio”- ma e qui lo trovo molto ben detto – “se non ha fatto che ad apprendere a schiacciare i bottoni giusti perché si apra nell’inconscio, bèh, permettete che gli dica: “Bèh, per quel che mi riguarda trovo che non ha appreso gran che” e penso che con questo si riferisca al fatto che c’è un sapere che si conquista, anche un sapere a schiacciare i bottoni giusti, ad es. a cogliere i significanti, a lavorare i lapsus, i sogni, che sono i bottoni attraverso cui l’inconscio…Ma non ha appreso qualcosa che invece è conforme alla specie del quale appartiene, che così strettamente, questa specie, è così strettamente dipendente da qualcosa, da questo sapere che definisco propriamente articolato, è questa l’essenza sulla quale insisto, quando dico che l’inconscio è strutturato come un linguaggio, cioè se non ha, non ha imparato gran che, se non ha imparato che è strettamente dipendente dall’inconscio che è propriamente articolato come un linguaggio, che ha la struttura di un linguaggio. Ricordate quell’articolato, articolabile, non articolabile, etc., è questa l’essenza sulla quale insisto quando dico che l’inconscio è strutturato come un linguaggio e che da ciò, ciascuno a suo modo e in un punto locale è lui stesso l’effetto, la pura e semplice dipendenza. Se non ha fatto ad apprendere come fare perché altri oltre di lui se ne accorgano è poca cosa rispetto a quello che lui stesso in questa esperienza analitica, non ha affatto appreso , ma gli si è rivelato e di tutt’altra specie, di tutt’altra dimensione quella dell’apprendere, quella di ciò che gli si è svelato. E il suo primo movimento è di non sapere da quale parte prenderla… Dunque, ci sono tantissime cose, non dirò troppo su questa cosa che ho svelato, ma mi sembra che sia sufficiente per dare i limiti di ciò che è appreso e può essere appreso, dunque di ciò che può essere articolabile, perché c’è qualche cosa che si apprende, a questo punto non è più il termine giusto, si sa perché gli è svelato. Ma mi fermerò soprattutto sulle prime parti, dunque non c’è formazione analitica, ma formazioni dell’inconscio. Quindi per una formazione analitica dobbiamo lavorare le formazioni dell’inconscio, formazioni che non si insegnano e non si apprendono, ma che si svelano nel corso di un’analisi; formazioni del resto, che non si costruiscono, ma si esprimono nella sorpresa, i lapsus è così, le dimenticanze avvengono mica (?) perché le voglio , i sintomi non li costruiamo, è un procedimento del tutto inconscio che si forma…Un’analisi è didattica nella misura in cui implica la conquista del sapere inconscio, ma l’essenziale, è quello che riguarda ciò attraverso cui si è prodotto. E io penso che questa dialettica, per quanto elementare possa essere immaginarizzata , un po’ deviandoci, è un modo per dirci come si è prodotto l’inconscio. Quali sono i meccanismi culturali che lo producono, verrò ad articolarlo ancora. Dice ancora che è un sapere articolato, con tutto quello che abbiamo detto che non è articolabile, è un sapere articolato e strutturato come linguaggio di cui ciascuno di noi, è pura e semplice dipendenza, effetto. Allora ho voluto provare a riprendere le cose che ho detto prima, a illustrazione un po’ di questo inconscio strutturato come un linguaggio, è perfettamente articolato e le formazioni dell’inconscio che fanno la formazione analitica…”
Dr.ssa J. Vennemann: “…Lui ha detto addirittura che è una nuova formazione dell’inconscio…La formazione dell’analista…E’ una nuova formazione dell’inconscio…Lui dice…”
Dr.ssa R. Miletto: “No, almeno non nel pezzo che io avevo letto, mi aveva colpito questo e preso questo, può darsi che nel corso di questo intervento dico qualcosa del genere, però non…”
Dr.ssa J. Vennemann: “No, io cerco di sentire quello che tu dici e…”
Dr.ssa R. Miletto: “Certo…”
Dr.ssa J. Vennemann: “…Le cose che mi vengono in mente…”
Dr.ssa R. Miletto: “Certo, certo…Dunque riprendo un attimo, il rapporto del soggetto all’altro piccolo, bambino mamma, il rapporto del soggetto all’altro piccolo si articola nel luogo di A, luogo della parola a cui la domanda si indirizza e da cui attende la soddisfazione e la risposta. Si indirizza ad A di a, A dietro a, luogo cioè posto come soggetto, questo luogo è posto come soggetto di una risposta e di una domanda di cui il soggetto stesso potrebbe essere risposta ed è quello che Lacan schematizza con lo schema a L, S, a piccolo, a piccolo primo, A. E cioè che rapporto del soggetto all’altro, ed è sul primo, la prima linea, non lo faccio perché è già un casino così. Avete presente lo schema a L? C’è la prima linea orizzontale S A, lo lavora qua, è questo schema così proprio, S in rapporto a piccolo, si articola nel luogo della parola, quindi arriva ad a, mira dietro a, A dietro ad a, e dove è posto un soggetto capace di rispondere, per il fatto che si articolino nella parola e la domanda e diciamo la risposta, diciamo, queste sono rese opache, cioè restano in parte enigmatiche, per il motivo che abbiamo detto, c’è un resto, c’è qualche cosa che non permette di far passare tutto, c’è qualcosa che non è detto, ma che…Perché l’effetto nella parola nel significante fa risuonare l’al di là del desiderio. Dunque da parte del soggetto c’è un “che vuoi?” nel dirmi questo “che vuoi?” “Mi dici questo, ma che cosa mi volevi dire?” Lo facciamo, lo…Dunque supponiamo nell’altro che ci sia un altro discorso e lo facciamo perché incontriamo l’altro come luogo della parola e il piccolo altro come essere parlante e dunque lo incontriamo diviso dalla parola incontriamo cioè un desiderio per il quale gli chiediamo “Mi dici questo, ma che cosa volevi dire…”. Così come non so che cosa, di ciò che io chiedo tu capisca…Dunque seppur non articolabile questo x, lo suppone tuttavia articolato nel luogo dell’altro per il solo fatto che in questo luogo della parola qualcosa viene a presentificargli immaginariamente un altro capace di rispondere. Dunque la parola dell’Altro grande dell’altro piccolo è il luogo dell’ inconscio. E si è prodotto dunque lì, l’inconscio, e si è prodotto il luogo perfetto di questa…e diventa l’inconscio del soggetto, non so…
Dr.ssa M. Drazien: “ La verferdrangung non la tratta in questo seminario?”
Dr.ssa R. Miletto: “Della rimozione…?”
Dr.ssa M. Drazien: “Della rimozione primordiale…”
Dr.ssa R. Miletto: “Primordiale, esattamente…”
Dr.ssa M. Drazien: “Lo tratta o non lo tratta, io non co l’ho più…”
Dr.ssa R. Miletto: “Si, si, ne parla…Allora ne parla nella seconda parte del seminario in cui parla della simbolizzazione, di come il soggetto arriva ad essere soggetto, già in una triangolazione che già suppone cioè la perdita dell’oggetto cosa e dunque una perdita originaria che non si può che supporre perché già il primo momento di diciamo di costituzione del soggetto, è già triangolata rispetto a una rappresentazione di bambino, il soggetto, l’altro, la madre, la mamma è una rappresentazione di ciò che lei desidera. Dunque, c’è una perdita originaria che corrisponderebbe all’oggetto incontrato in un rapporto non triangolare, ma che sarebbe stato capace di prendere tutto l’oggetto. Il fatto che il primo altro sia un essere parlante fa sì che questa venga, questa prima perdita venga spostata, diciamo, supposta, spostata in un luogo mitico, originario, di cui non abbiamo, di cui non può esserci se non ricostruzione. Mi sembra che ne parli essenzialmente in questa parte qua del seminario…”
Dr.ssa M. Drazien: “Il non articolabile…”
Dr.ssa R. Miletto: “Il non articolabile già nasce in un momento in cui c’è già un articolato…Prima lo pensiamo mitico, è questo sostanzialmente, lo metto così”
Dr.ssa M. Drazien: “Cioè a parole”
Dr.ssa R. Miletto: “Si, si…”
Dr.ssa M. Drazien: “E allora che cos’è il rimosso?”
Dr.ssa R. Miletto: “…E allora che cos’è il rimosso?”
Dr.ssa M. Drazien: “Lui lo sa sicuramente…”
Dalla sala: “Io non so niente”
Dr.ssa R. Miletto: “Si tratta sicuramente di una rimozione di tipo particolare, perché tutte le rimozioni di cui lui parla sono delle rimozioni di significanti e dunque non è di questo…Non ne parla comunque, perché adesso quello che mi viene da dire, quello che ”
Dr.ssa M. Drazien: “Però scusami…io non volevo..”
Dr.ssa Dr.ssa R. Miletto: “Mi viene piuttosto presente in altri seminari”
Dr.ssa M. Drazien: “Era solo…”
Dr.ssa R. Miletto: “Le rappresentazioni di …”
Dr.ssa M. Drazien: “Era solo.. tu hai trattato e stai trattando le cose proprio di base”
Dr.ssa R. Miletto: “Di base”
Dr.ssa M. Drazien: “Di base, di un, quasi alla nascita della parola mi ero permessa di introdurre questo problema perché è sempre un problema la rimozione primordiale, di che cosa è fatta, di che cosa, che cosa è che rimosso e se appartiene all’inconscio, sicuramente, ma in qual modo; scusami, ma non voglio…”
Dr.ssa R. Miletto: “Direi che in questo seminario..”
Dr.ssa M. Drazien: “Complicare la cosa…
Dr.ssa R. Miletto: “Ma in questo seminario, direi, è posto in maniera molto, come dire intuitiva, è posta come..”
Dr.ssa M. Drazien: “Si, si, perché lui riprende il discorso periodicamente su verdrarfung senza arrivare veramente a una cosa molto chiara”
Dr.ssa R. Miletto: “Allora dicevo, niente, ero arrivata a articolare qualche cosa di come si è prodotto l’inconscio.Dove sta, dove si costituisce, in questo spazio, in questo luogo diciamo, tra lì dove dietro , diciamo, l’altro piccolo, si staglia questa dimensione della parola”
Dr.ssa M. Drazien: “…Perché Lacan dice che appartiene al momento in cui non tratterà le origini del linguaggio si è potuto materializzare tutto questo. E allora lasciamolo”
Dr.ssa R. Miletto: “Lasciamolo lì questo…”
Dr.ssa M. Drazien: “Questa storia”
Dr.ssa R. Miletto: “Niente, questo era allora per dire come alla luce di queste prime elaborazioni l’inconscio è strutturato come un linguaggio di questa formulazione più tarda, più, in cui addirittura Lacan dice che è questo l’essenziale di quello che si può sapere nel corso di questa esperienza che è l’analisi e neanche apprendere . Quindi che l’inconscio del soggetto è il discorso dell’altro, altra formula di cui abbiamo sentito, perché appunto il discorso…Strutturato come un linguaggio, articolato nell’altro come un linguaggio, non articolabile dal soggetto inconscio ed è uno spazio topografico insomma, tipografico è già che richiama la tipologia. Allora adesso non lo faccio più perché è molto tardi, ma a questo punto completa lo schema che è quello che conoscete con le due linee a questo punto, perché se qua, avanzando nell’articolazione, della domanda…Il desiderio situato qua, il soggetto diventa barrato rispetto alla domanda, situiamo in un altro punto successivo, S barrato punzone di, non so se avete presente il grafico e al polo in cui incontra il significante di questa presenza in A del desiderio, qui possiamo immaginare un’altra linea che a questo punto viene a, parte di qua è, e quindi nella prima parte non è mai già, come dire, non è ancora incrociata, ma la incrocia di nuovo secondariamente diciamo così, che allora S, perché allora a è barrato, cioè che anche a è un luogo, è segnato dalla condizioni stesse che la parola impone al soggetto, che anche a è barrato e dunque S parentesi a barrato, completiamo così lo schema, davanti a D di desiderio avevo messo, ha messo, avrei dovuto mettere la formula che noi adesso chiamiamo del fantasma, ma qua non chiama ancora del fantasma e chiama la formula del soggetto barrato rispetto all’altro nell’identificazione, ne fa addirittura una formula, ma e poi anche del fantasma, ma mentre per noi s barrato punzone di a, qui nasce come formula dell’identificazione, che possono anche costituire soprattutto nell’ossessivo, costituirsi soprattutto nell’ossessivo, all’interno di uno scenario, dunque di un fantasma, bon…voglio andare a finire. Dunque il soggetto diventa soggetto a tutti gli effetti , notato di S barrato , in questo intervallo tra A grande di a piccolo, intervallo marcato dal desiderio, diviso da questo intervallo il soggetto, quando questo intervallo è stato simbolizzato ed è diventato un significante a sé, seconda linea, lì infatti noterà phi di fallo, all’altezza della seconda fuori. Quindi quando questo intervallo è stato simbolizzato ed è diventato un significante, fallo, il significante del desiderio dell’altro dunque della mancanza che lo fa desiderante e A stesso è marcato dalle condizioni della parola quando ha incontrato come desiderante, quando qualcosa in quel luogo risuona come al di là della domanda come desiderio opaco, là è barrato, l’inconscio è questa parola pronunciata in A dal soggetto barrato a se stesso, dove a non è un altro piccolo, il soggetto nell’altro non è il soggetto supposto dell’altro piccolo, ma è il soggetto barrato lui stesso. Salto qualche cosa, ma giusto per concludere. Dunque l’inconscio non è articolabile, pur essendo perfettamente articolato se non in una analisi che lo supponga come tale, cioè parola di un soggetto barrato. Un’analisi che introduce un’oscillazione tra significante e significato, tiene in sospeso una domanda, non risponde alla domanda, in quanto a non risponde in quanto a, ma risponde in quanto è supposto, viene supposto un soggetto a questo discorso ; quindi non risponde alla domanda e il luogo dell’altro in un’analisi è l’inconscio non è l’analista e è l’inconscio che fa da terzo diciamo così e il cui discorso viene ascoltato dall’analista, non il discorso del paziente, la sua domanda, diciamo così che sviluppa, che naturalmente è ascoltata, ma è il discorso dell’inconscio che ha da essere articolato in ciò che la domanda articola, la domanda cioè il discorso del…E il tenere in sospeso la domanda produce una regressione, che rimanda via, via ai significanti in cui è stata data nella storia del soggetto, nella prima infanzia una significazione, su quello scarto, su quell’incontro e su cui si sono fissate le successive identificazioni dell’io del soggetto che hanno fatto la sua storia e data una certa stabilità alla sua identità come io. Quindi le formazioni dell’inconscio sono quelle cosiddette formazioni dell’inconscio, ma sono tutte la forma, l’azione, la reazione, la formulazione , sono tutti gli effetti sul soggetto che parla della struttura del linguaggio, delle sue leggi, delle sue impossibilità…E volevo solo concludere sulla questione del patologico che per me resta una questione, che possiamo pensare, intanto è patologico ciò che è sentito come patologico, come non va, denunciato come non va, il sintomo, perché c’è un sintomo che è di tutti e che costituisce la forma con cui si rappresenta la posizione particolare che il soggetto ha preso , rispetto a questa sua divisione, ma c’è un sintomo che vuole mantenere questo spazio aperto perché lì si distingue, il desiderio lì si può sostenere come soggetto, risolvendo naturalmente in maniera conflittuale, con tutta la storia del conflitto, come, e ciò che fa la nevrosi etc. Ovviamente è possibile, conflittuale il contrario perché sostiene anche la possibilità della loro conciliazione, ma direi che è patologico e a questo punto devo dire che in questo ho trovato qualche cosa che mi ha stimolato in quell’intervento che Pierre Arel ha fatto, mi pare, questa estate, al seminario d’estate, quindi a partire dal seminario RSI e commentando le parole di Lacan su il sintomo e il godimento dell’inconscio, il sintomo che sono in questo seminario. L’inconscio è ciò che risponde del simbolico nel reale e quindi pensare il patologico come una, non so se avete presente il nodo, il nodo borromeo e dove Lacan mette il sintomo? Allora Lacan mette il sintomo nel Reale, nella sua…Nel bordo, vicino al simbolico. Dunque è nel Reale l’effetto del simbolico, lui dice. Lo disegna con, diciamo, perché lì in effetti gli anelli che si incrociano fanno un angolo molto stretto.