06 Dic Louise Bourgeois – Desprats Pequignot
Roma, Sabato 9 novembre 2013
M.Drazien: Questa mattina abbiamo il grande piacere di sentire la Professoressa Desprats Pequignot che ci parlerà della sua esperienza all’Università, in particolare sul tema “la sessualità in psicoanalisi”.
C.Desprats Pequignot: Quello che voglio proporvi si articola in due momenti: il primo momento sarà attorno alla questione del fallo e la madre fallica e in un secondo momento vi parlerò della questione dell’isterica e della risposta dell’ossessivo.
Parto da questa indicazione tratta dal seminario “Le formazioni dell’inconscio” di Lacan dove dice che: “ciò che mostra la mia esperienza è che per Freud nella donna anche, e non soltanto nell’uomo il fallo è alla centro”. Ritroviamo qui già quello che formulava nel seminario sulle Psicosi nell’anno ‘55-‘56. Ossia in questo seminario diceva Lacan che nell’opera di Freud l’oggetto virile, l’oggetto fallico ha posto centrale nell’economia libidica nell’uomo come nella donna. Louise Bourgeois nata nel 1911 e morta nel 2010 quindi a 98 anni, nelle sue opere, mi è sembrato un ottimo esempio della questione centrale del fallo, della questione della sua assenza e della sua presenza attraverso le vicende della castrazione nella sua dimensione sia simbolica che immaginaria. È una artista di origine francese che abitava in America che si era impegnata nei movimenti femministi e che esplora e affronta nelle sue questioni artistiche le sue questioni con la condizione sessuata e interroga l’assegnazione e la comunanza del sesso e del genere: ciò che fa uomo, ciò che fa donna. Questioni che poi lei traduce, propone, sulla scena visiva attraverso delle forme plastiche che sono allo stesso tempo delle problematizzazioni ma anche delle proposte di soluzione. Le sue opere spesso suggeriscono la dimensione sessuale delle forme, vi sono delle metamorfosi femminili. Vi mostro una foto di Louis da giovane, guardate tutta questa sua capigliatura che non è di poco conto in quella che sarà poi la sua opera. Si potrebbe dire che propone dei corpi di realtà psichica nella sua opera dove si simbolizza e si materializzano le questioni di immagine, associazioni e relazioni inedite, sentimenti contrari, conflitti, emozioni complesse in cui si mischiano la distinzione di sesso e di genere. Potremmo chiamarli anche allo stesso tempo corpi di linguaggio, perché nelle sue realizzazioni è all’opera un lavoro nel linguaggio e attraverso il linguaggio, cioè crea opera con la lingua o meglio con l’incrocio delle lingue francese e inglese o dei significanti, delle espressioni verbali con il vacillamento e la contraddizione e la molteplicità ovvero il fuori del loro senso. È anche una donna maliziosa, in molte sue opere mette in crisi il sistema dei significanti, perturba e modifica il senso, mette al lavoro delle relazioni inconsce così come lei si esprime; di resti di sopravvivenze e di ricordi infantili, allo stesso tempo anche il lato dei desideri, delle teorie sessuali infantili che conservano e raccontano tra l’altro anche la mitologia delle figurazioni plastiche, di linguaggio. Insomma un patrimonio di simboli che mostrano la dimensione transindividuale attraverso la storia singolare di un soggetto. In particolare lavora con le conseguenze inconsce nella sua vita soggettiva, la sua storia, quindi le conseguenze inconsce della castrazione e della relazione con il fallo e in questo modo pone un invito a considerare che il sesso e il genere sono assoggettati e prodotte da ingiunzioni e assegnazioni sociali e culturali, sono insomma normativi. Non lo sono meno di ciò che è all’opera là al di sotto il sistema significante e i desideri dei fantasmi infantili che persistono e insistono e che sono allo stesso tempo singolari e transindividuali. Nelle sue creazioni sono all’opera e dialogano tra loro l’impatto di una (è la citazione di Lacan) “relazione con il fallo” che si stabilisce senza riguardo alla differenza anatomica dei sessi per quello che concerne appunto l’operazione della castrazione simbolica che è effetto del linguaggio e dell’immaginario che è in rapporto con l’immagine e l’identificazione.
Registro immaginario che apre alla rappresentazione di una mancanza legata all’organo detto maschile ossia appunto il membro virile, (non è l’organo genitale) l’organo fallico. Freud stesso lo constata, non è l’organo genitale maschile nella sua realtà anatomica ma ciò che è all’opera nel momento dell’inturgidimento.
M.Drazien: L’oggetto fallico non è da accomunare al pene, è diverso. È questo ciò che vuole sottolineare, che questa figura virile non è dipendente dall’assenza del pene perché poi ci racconterà quante donne falliche ci sono. Vuol dire che l’organo, il pene, non è ciò che indica Lacan quando parla del fallo. Questo deve essere chiaro!
C.Desprats Pequignot: Nella sua opera omnia con “il ragno” che è un animale che simboleggiava la madre fallica secondo Freud ed Abraham prende una forma plastica la difesa contro questa mancanza istaurata dalla castrazione simbolica che è effetto del linguaggio ma che è prima di tutto attribuita e compresa in modo immaginario dal bambino, dalla bambina, come la castrazione della madre che si trova in questo modo, come dice Lacan “diffamata”, però c’è un gioco di parole nella lingua francese.
- Drazien: Questo gioco vuol dire che la sua femminilità, cioè il suo carattere di femminilità è svuotato.
C.Desprats Pequignot: Forse in questo modo si può trovare anche una spiegazione per il successo mondiale che conoscono in particolare le sculture di ragni giganti, la cui più celebre di questa artista Louise Bourgeois a cui darà il nome senza perspicacia e attenzione “Maman”, è altissima (9 mt).
Voglio affrontare ora la questione dell’avere o del non avere il fallo, come assicurarsi della sua presenza. È questa la questione che Louise Bourgeois si pone in molte opere cercando di trovarvi una soluzione e questo lo fa con i giochi di parole, con l’equivoco significante, le parole prese alla lettera, insomma va a costruire delle messe in forma, delle attuazioni plastiche che sono in grado sia di porre la questione del loro rapporto con la castrazione o quella di avere o non avere il fallo. A proposito di una sua opera intitolata “La dea fragile” detta anche “ The Armless goddess” spiega che vuol significare che non può difendersi perché anche questo è un gioco di parole in inglese, non ha braccia, quindi è senza difesa, senza braccia e senza braccio membro, senza arma…
J.Vennemann: E’ la madre che deve regnare!
C.Desprats Pequignot: Si è per questo motivo che la nomina molto bene. Con questa scultura risuona già il suo rapporto con il fallo e la castrazione che sarà il leitmotiv di molte altre opere. Opera che dà segno di essere informata dal lato della concettualizzazione psicanalitica che comunque Bourgeois non ignora. Quindi lavora sia con i propri materiali interni tra cui infatti il suo rapporto con la psicoanalisi venendo così poi a raggiungere l’esperienza, a toccare l’esperienza di ogni essere umano ossia la questione dell’esperienza dell’ edipo e della castrazione che nelle sue opere esplorerà con una certa predilezione apportando delle figurazioni plastiche, delle realizzazioni plastiche, teorie sessuali infantili, la questione dell’origine, della differenza dei sessi, della distinzione uomo- donna, maschile al femminile ma anche il rapporto conflittuale con le figure edipiche parentali attraverso le quali per il bambino si pongono prima di tutto queste distinzioni. Anche tutta l’ambivalenza dei sentimenti tra amore e odio, il desiderio di distruzione e riparazione di queste figure che all’inizio del 20º secolo agli inizi del novecento quando è nata Louise, figure parentali che a quell’epoca contrariamente ai propri desideri e alle proprie aspettative le infliggono, la obbligano di doversi dire e di doversi riconoscere alla misura del suo sesso di genere, nulla che una ragazza. Si potrebbe cogliere ciò che nella sua opera sostiene il dispiegamento di un immaginario corporeo che ben spesso fa girare, che molto spesso gira attorno alla presenza e della posizione o meno del fallo, del rapporto con il corpo sessuale, con la sessualità, la questione del femminile e del maschile nelle loro associazioni, combinazioni di opposti, contrari e anche le loro metamorfosi. Un immaginario questa forma di proporre le questioni che per Bourgeois ha le proprie radici nel disagio provocato da un posto incerto di una nominazione, di una designazione che vacillano, che si ingarbugliano nel filo del prenome, da Luigi il padre a Luigia la figlia che pensa dunque che avrebbe dovuto essere un bambino per rispondere al desiderio parentale. Da Luigia che per la madre assomigliava a suo padre ed è questo il motivo che le fa credere che padre e madre potessero accettarla e amarla fino al diminutivo “Luigiona” che per il francese può essere utilizzato sia per un bambino che per una bambina, che quindi tradotto in italiano è Luigiona ma in francese non è proprio così, diventa “Louisonne” che la nomina in quanto figlia di suo padre, ma lo si usa anche nell’equivoco maschile e femminile, bambino e bambina. È un diminutivo transgender e transex attraverso il quale è designata, ma allo stesso tempo si designa con questo termine; quando firma una lettera per il padre si firma come il “tuo Louisonne” , a quell’epoca a 23 anni, ricomincerà ad utilizzare il suo diminutivo “Louisonne” nel 1995 epoca in cui queste sculture di ragno vengono realizzate in un testo che lei intitola “ Ode a mia madre” accompagnate da incisioni e stampe di ragni e dove Louisonne si dice e si vive come un “oisillon” uccellino. Questo uccellino ha una connotazione appunto per indicare l’organo maschile (gioco di parole in lingua francese tra uccellino e il suo nome Louisonne). Tutti questi significante si incrociano allo stesso tempo nel suo lavoro, dei punti di ingarbugliamento nella sua questione dell’identificazione ma anche dei punti da ritrovare, punti fermi per individuare un posto abitabile, un luogo abitabile e che si tessono, si rompono, si riparano come un tappeto, come un arazzo (cosa che producevano sia Louise che la madre), o come una tela di ragno da “Luigi a Luigia” fino a Louisonne.
Questo è uno scivolamento continuo in permanenza, quindi nel senso di figlio di Luigi, da il “tuo Louisonne” come lei si firma a piccola Luisa, ragazzina e “Fillette”così nomina una delle sue sculture con tenerezza e malizia, ossia un bambino fallo di lattice che porta contentissima sotto il suo braccio in una fotografia celebre.
Louise Bourgeois diceva “le relazioni che stabilisco nel mio lavoro sono relazioni inconsce, ossia delle relazioni che non posso affrontare. Inconscio, voglio dire qualche cosa che non voglio e che si subisce. L’inconscio rinvia a qualche cosa di vulcanico e tuttavia non ci si può fare niente, sarebbe meglio addomesticarlo, accettarlo e anche di amarlo e quindi è meglio averci a che fare con l’inconscio piuttosto che metterlo da parte”. Diceva: “quando disegno vuol dire che qualche cosa mi irrita, ma non so cosa. Il disegno è indispensabile perché tutte le idee che mi vengono bisogna coglierle come delle mosche quando passano”.
C’è quella che Freud chiama “idea incidente”. Le idee involontarie, quelle che cerca di ottenere attraverso la regola fondamentale della libera associazione, cioè lavora con questo. L’idea improvvisa. E l’idea che ci capita in testa e in genere allontaniamo, compreso anche nella cura, perché non ha interesse etc. Invece Bergeois la trattiene e ci lavora. Quindi bisogna coglierle come delle mosche, le conserviamo e ce ne serviamo e poi quindi nel disegno facciamo una pittura e dalla pittura una scultura e questo lo si ritrova giustamente nel “Ragno”. Quindi lavora con ciò che la disturba anche con il confronto difficile rispetto a ciò che questo suscita, ciò che rinnova che si fa sentire di nuovo, sentimenti di collera, disperazione, quindi fa risorgere dei desideri assopiti, perdite irreparabili di lutti non compiuti.
Tutto questo in maniera mescolata ha costituito il desiderio di Louise di creare un disgusto con tutta questa declinazione metonimica attorno al suo nome fino agli ultimi giorni della sua vita e costruisce delle realizzazioni come vi ho detto precedentemente, ma anche tutta la serie che lei chiama “La donna coltello”, una serie di lavori che ella costruisce approfittando del gioco libidico inconscio della lingua e le sue immagini. Ecco la donna coltello (si mostra l’immagine) vedete che gli manca una gamba, il braccio, non ha testa ma c’è il coltello. Ecco come lei spiega questa serie della “donna coltello”: “è senza difesa, senza braccio, assai colpita e si trova in un periodo della sua vita in cui lei è sulle difensive. È una giovane ragazza che ha trovato un coltello, ma non sa che cosa farne, è una bella cosa che brilla ma che non sa utilizzare e in fin dei conti non è che un “uccellino” qualcosa che difende il suo nido”. La paura di questa giovane ragazza la rende tagliente e la modifica in una lama, una lama di coltello. Si trasforma in lama e quindi è sulle difensive, si identifica con il pene per proteggersi. Si sente vulnerabile perché il pene può colpirla, e così cerca di impossessarsi dell’arma dell’aggressore. “I miei coltelli sono come una lingua, ti amo, ti odio”.
Siamo continuamente nell’equivoco nel gioco delle parole ecco perché dicevo che sono dei corpi di realtà psichica, dei corpi di linguaggio. Se non mi ami sono pronta ad attaccarti, sono veramente a doppio taglio. Siamo nel 1970 è l’insieme che crea l’oggetto che taglia come la donna, la lingua così come anche la lingua può essere tagliente. Questa che vi mostro è una figura del 2002, vedete che è un corpo materno ma sempre mutilato, ma con qualche cosa che potrebbe essere riparata sembra dal coltello.
Siamo sempre in questo rapporto di proiezione e protezione dell’aggressione fallica. Sempre in questa serie vi è anche quella della “Donna piolo”.
- Drazien: Infibulata.
- Albarello: Perché piolo nella lingua francese è un pezzo di legno che si conficca per terra.
C.Desprats Pequignot: Ma nella lingua francese è anche il letto, andare a letto. Potrebbe essere anche preso dal lato pio, casto. Potrebbe essere la rappresentazione di un sesso femminile cucito oppure anche armato, è un sesso dentato. In altre sculture sono le armi della madre e gli aghi con cui fa gli arazzi. È un sesso difeso in tutti i sensi è in questo senso quindi la donna piolo può attaccare come la donna coltello
In questi anni ‘70 in cui accanto a questa serie della “donna coltello”, della “donna piolo” e dove in questi anni realizza anche dei rifugi, dei nidi in cui questa donna può nascondersi. Quindi nell’anno 1970 Louise ha elaborato delle strategie di difesa, ha tessuto e teso dei fili dai quali sospende spesso le sue opere, la celebre bambina che aveva sotto le braccia prima, oppure figure di sesso che non si sa se siano maschili o femminili, oppure a queste sculture, questi nidi in cui “l’uccellino” può andare a rifugiarsi, scappare dai predatori come la donna coltello quando è armata, piena quindi di tutti questi strumenti di difesa o di attacco, equipaggiata; quindi il suo atelier con questi strumenti che tagliano, strumenti di superficie che taglia e ritaglia. Potremmo dire che Louise-Louisonne-oisillon quando negli anni 70’ quando a sessant’anni, può cominciare l’attacco deciso e la gioiosa messa in opera delle figure edipiche. Comincia allora la castrazione mortifera in scultura, la destituzione della potenza dei genitori considerati responsabili dell’ondeggiamento e della caduta di Louisonne, sesso e genere da bambino a bambina, da maschile a femminile.
- Drazien: Dice che sono responsabili per questo nome che le hanno dato.
C.Desprats Pequignot: Per esempio anche la responsabilità del padre che aveva fatto venire in casa la propria amante, la mamma che non aveva detto nulla, il papà che la portava nei bordelli a vedere le donne. Siamo nel 1920, Louise che doveva pensarsi quindi come un bambino. Ha 10 anni quando il papà la conduce nei bordelli. Qualche volta le bambine vanno a realizzare questo semplicemente perché le mamme non vogliono tagliarle i capelli e qualche cosa quindi che si gioca attraverso la lingua nei rapporti con le figure parentali e che fa apparire bruscamente a una bambina che è una bambina, a un bambino che è un bambino. Cioè lo stesso processo quasi che è nei bambini ossia la scoperta del colore della pelle. Non è che i bambini non vedano, ma il colore della pelle non ha importanza non ha presa e per esempio di un bambino di colore nero che fa parte di chi vive in un ambiente di bianchi. Più rapidamente conoscerà che c’è qualche cosa che lo rende diverso e che sarà attaccato oppure a partire da ciò che i genitori pensano essere legato al colore della pelle. Ma ad un certo punto il bambino stesso potrà dire nero o bianco, come un giorno potrà dire bambino o bambina, ma lo avrà realizzato. Forse Louise ci racconta qualcosa di questo tipo ossia di questi diversi scenari in cui marginalizza queste diverse storie, è qualche cosa che un certo punto viene ad immaginarizzarsi da un punto di vista corporeo e quindi la sua collera, il suo risentimento, legato a quello che vive visibilmente come un inganno, una destituzione, una degradazione e quindi prima si attacca alla figura paterna con una scultura che chiama “Distruzione del padre” e poi con un’ opera che va a chiamare “Studio di natura”, senza testa, con la moltiplicazione dei seni, ma comunque ha questa brillanza è una scultura che ha una superficie anche specchiante, patinata. Siamo nel 1993 e commenta questa scultura, e racconta: “dal momento che sono stata demolita da mio padre, perché dunque non dovrei demolirlo?”
Lo vedremo più avanti, lei dà l’indicazione di un momento che è stato per lei traumatico, un momento di ricostruzione in cui ad un certo punto si sente tradita da questo padre che introduce in casa la sua amante, ma anche denunciando la sua posizione attraverso questa segnatura “il tuo Louisonne”. E’ una sequenza, un ricordo sul quale ritorna molto spesso. Sia il padre che la madre prenderanno le loro da parte di Louisonne. Dal momento che sono stata demolita da mio padre, perché non dovrei demolirlo! Prendo un animale veramente maschile e per prendermi gioco di lui gli faccio dei seni e dopo avergli dato dei seni gli fornisco un secondo paio di seni, perché no e poi gli taglio la testa. È una forma di presa in giro. Dal momento che sono stata presa per i fondelli…
- Drazien: Questa presa in giro secondo me è un elemento molto importante.
C.Desprats Pequignot: Non sono delle battute di spirito, mira proprio ad offendere. C’è questa insistenza. Mette a nudo. Non si sa come venirne fuori è un atteggiamento con cui si cerca di destabilizzare l’altra persona e cogliere le sue insufficienze, l’incapacità a rispondere a. E’ chiaro che questa operazione di “presa in giro” colpisce, tocca, tocca proprio fisicamente. Racconta Louise quello che suo padre diceva: “ma chi è? E’ Louise o Louisonne? Mentre con un coltello ha sapientemente tagliato la buccia d’arancia, disegnava un corpo di donna e che la pelle staccata dal momento che era aperta bruscamente sorgeva al posto del sesso, mentre l’asse bianco del pedicolo interno dell’arancia formava un fallo che trasformava la donna in uomo. E allora il padre rideva era tutto contento, … “ma no, non è Louise, non è possibile, Louise non ha nulla là”. E questo racconta che l’hanno proprio spinta a difendersi. Siamo sempre agli inizi del secolo novecento e come dappertutto si aspettava l’erede maschio. Una bambina è una delusione. Se si fa nascere una bambina bisogna farsi perdonare e allo stesso modo in cui mia madre si è fatta perdonare perché ero il ritratto preciso di mio padre è stata questa la mia prima possibilità. Forse è per questo che mi ha trattato come fossi stato il figlio che lui ha sempre voluto ed ero sufficientemente intelligente per dargli soddisfazione. E’ stata questa la mia seconda chance. E aggiungo, una possibilità su un fondo di smacco, di perdita e di lutto, Louise-Louisonne nient’altro che una ragazza, una delusione al costo del figlio atteso. Dopo il padre arriva il momento della distruzione della figura materna, e siamo nel 1985 con questa opera “La volpe”, anche qui seni moltiplicati, testa tagliata e lì la piccola Luisa, eccola, con questo viso di piccola bambina che è in braccio alla madre. Lei dice che questa “She fox, non è veramente mia madre, la madre così come io la percepivo dentro di me”.
Dice che “She fox” è un’opera molto tenera, il fatto di aver cercato e di essere anche riuscita quasi a uccidere i suoi genitori, non significa che essi non vi amino, si può contare su essi. Da le indicazioni su questa scultura, il fatto che poteva mutilarla, poteva fare molte cose, ma allo stesso tempo sapeva che sarebbe stata perdonata. Era persuasa che non l’avrebbe abbandonata, mentre allo stesso tempo va a realizzare delle sculture di madri che perdono il loro bambino dove questo “uccellino” cade.
Come dire nella mia scultura che questa madre possa dare dei calci, posso tagliarle la testa, ma nonostante tutto questo, continua ad amarmi. E la prova vedete bene è lì e quindi è una donna senza testa, senza braccia, non ha più nulla e io sono vicino a lei e sono contenta. Vedete anche il sorriso che si vede nel dettaglio, mi perdona tutto per avere fatto tutto questo, mi perdona di aver ucciso mio padre e lei è lì contenta perché protetta. La cattura mortifera che lei ha trattato in questo modo non aveva nessun motivo di agire se non per essere amata. E il bambino sono io, ma allo stesso tempo dice è un autoritratto. Quindi si può dire che in questa lotta intestina era aspra tra madre e figlia. È sospesa ad un filo come il filo di un ragno ma allo stesso tempo le braccia sono distanti e non c’è nulla che lo trattiene quindi è proprio una caduta (analisi visiva dell’opera). Nel suo atelier Bourgeois trasforma in maniera molto forte la madre, i suoi ricordi, in una donna che non ha più nulla, testa e braccia, una donna disarmata, impotente. Quindi mutilare “She fox” è eliminare l’attacco mortifero, la presa di tutti questi elementi di attributo fallico ma anche suo marito, è la destituzione del suo potere, della sua forza, ma anche senza i mezzi per poter essere ostile e attaccare attraverso la sua collera. Ossia gli ha tagliato anche le possibilità di essere una madre castratrice, feroce e anche simbolizzare il trionfo della paura di essere abbandonata perché non sembra altro che una bambina, ma anche una figlia colpevole di interessarsi al sesso e anche allo stesso modo di fare delle sporcageni, delle porcherie. Perché la madre di Louise quando fa gli arazzi, perché all’epoca vendevano questi ragazzi per gli americani, in questi arazzi doveva realizzare dei cupidi, ossia elevava i sessi e decorava, copriva con delle foglie di fico, quindi c’è tutto un mascheramento, perché non si poteva lasciare la visibilità dei sessi. E dunque c’è anche una serie che lei chiama “The fallen woman” (le donne cadute), ma queste donne perdute, decadute anche socialmente. Questo rimanda anche in francese alla donna di facili costumi nella vita. Quindi ridurre la madre all’impotenza e non darle la possibilità di impedire a sua figlia che faccia delle porcherie. Delle porcherie che nella legenda del mito della lotta tra Atena e Aracne: c’è un concorso per tessere un tappeto, una gara e Aracne in questo arazzo rappresenta tutti gli amori tra gli dei e questo fa arrabbiare molto Atena che è una dea appunto vergine, fuori sessualità. Colpisce Aracne che è umiliata e si uccide. Ma Atena è anche la dea delle metamorfosi è lei che trasforma in medusa la bella Gorgone e trasforma Aracne in un ragno per impedirle di morire ma allo stesso tempo sempre sospesa a quel filo al quale aveva cercato di dedicarsi.
Trascrizione a cura di Pietro Mennella, non rivista dall’Autrice.