Gabriela Alarcon – La costruzione del grafo del desiderio nel Seminario V

Dr.ssa Gabriela Alarcon

La costruzione del grafo del desiderio nel Seminario V

 

È proprio in questo seminario che Lacan inizia la costruzione del grafo, quando sta lavorando a proposito della struttura del moto di spirito e, continuerà a servirsene nel seminario dell’anno successivo, Il desiderio e la sua interpretazione.

Sarà in “Sovversione del soggetto e dialettica del desiderio nell’inconscio freudiano”(1960) che ultimerà il grafo, definito in questi termini: “la topologia che abbiamo elaborato per il nostro insegnamento in quest’ultimo lustro (…) essendo stato costruito e messo a punto a cielo aperto per reperire nella sua disposizione a piani la struttura più ampiamente pratica dei dati della nostra esperienza. Esso ci servirà a presentare dove si situi il desiderio in rapporto ad un soggetto definito dalla sua articolazione ad opera del significante” (pag.807).

 

Questo è un punto centrale: localizzare il desiderio, dove si trova nell’esperienza dell’analisi?. Vediamo da subito come la costruzione del grafo risponde alla necessità di teorizzare le conseguenze dell’introduzione della nozione di catena significante, che implica in ogni caso, la distinzione fra necessità-domanda-desiderio.

 

desiderio

 

 

necessità

 

Il desiderio si abbozza nel margine in cui la domanda si strappa dal bisogno” (pag-816) e poi aggiunge, “…la nescienza in cui l’uomo versa circa il suo desiderio, è meno nescienza di ciò che domanda, che dopo tutto si può delimitare, che nescienza riguardo a donde desidera” (pag. 817). Attraverso questo schema è possibile cogliere il desiderio come quel resto ineliminabile nel passaggio dalla necessità per le sfilate del significante. Notiamo da subito che la Domanda la scrive con la D maiuscola (Lacan utilizza la maiuscola per designare ciò che appartiene al simbolico) e il desiderio lo scrive con la d minuscola. In effetti, il desiderio si coglie nell’al di là della Domanda, della catena significante articolata, ma resta sempre ai margini, non si può dire, è articolato ma non articolabile, c’è sempre l’impossibilità di dirlo, è sempre la sua metonimia.

Sebbene il grafo ci porta alla teoria matematica dei grafi, non possiamo disattendere che il grafo sarebbe un tipo particolare di scrittura.

Cosa sarebbe un grafo nel mondo della matematica dei grafi?. Un grafo è una struttura relazionale composta da un insieme finito di oggetti (sul piano più strettamente matematico un insieme finito di punti) detti nodi (o vertici) e da un insieme di relazioni (geometricamente segmenti di retta o di curva) tra coppie di oggetti detti archi (o spigoli) (1).

In generale, gli archi rappresentano una relazione fra una coppia di nodi; se tale coppia è ordinata, cioè se gli archi hanno una testa o nodo di arrivo ed una coda o nodo di partenza, il grafo si dice orientato, dove per esempio (a,b) indica un arco diretto dal nodo a al nodo b.

coda (nodo di partenza)               testa (nodo di arrivo)

 

a

 

arco orientato

 

Altra caratteristica di un grafo è di essere planare oppure no. Si definisce planare un grafo che è possibile disegnare su un piano senza che gli archi si intersechino, ovvero, si può disegnare su un piano di due dimensioni. Invece sarebbe non planare quando richiede dalle tre dimensioni dello spazio perché deve figurare il fatto che un arco passa sotto un altro intersecandolo. (fig. B)

 

 

Grafo planare

 

 

 

Grafo non planare

 

I grafi devono molto in termini di importanza alle possibilità che offrono in relazione alla rappresentazione in modo semplice ed efficace dei problemi, in termini di dati e relazioni. Permettono di modellare diverse tipologie di problemi come, ad esempio, per i grafi non orientati, problemi connessi alle reti come possono essere problemi di flusso, traffico, trasmissione, raggiungibilità o distanza minima in reti stradali, telefoniche, ferroviarie, ecc; analogamente i grafi orientati possono modellare problemi legati a strategie, come nel caso del gioco degli scacchi (2).

Evidentemente, se è possibile sostituire territori per punti e ponti per archi, nei grafi le superfici e le longitudini non vengono presi in considerazione.

Allora pensiamo che un grafo o rete, si compone di nodi, archi e funzioni (o relazioni fra di loro) in maniera che ad ogni nodo corrispondono due archi con la sua funzione specifica. Immaginiamo che dobbiamo risolvere il problema della distribuzione del traffico in una città, dobbiamo per forza considerare l’orientamento degli archi, visto che ci sono strade che hanno doppio senso e altre sono a senso unico. Gli angoli delle strade sarebbero rappresentati dai nodi e gli archi sono le strade.

(esempio con strade a doppio senso fig. D)

 

Ora, che tipo di grafo è il grafo del desiderio? Sembra chiaro che è un grafo orientato, ma non è evidente che si tratti di un grafo planare o non planare. Cerchiamo di andare punto per punto per cercare di cogliere questa caratteristica o meno nel grafo disegnato da Lacan. Intanto mi sembra opportuno avere presente il grafo senza le funzioni che Lacan assegna ai nodi e gli archi. (fig. C). La sua geometrizzazione potrebbe essere la fig. E.

Un altro concetto nella teoria dei grafi è quello di cammino, cioè, una successione di archi che unisce un nodo con un altro, in modo che ogni arco finisce dove comincia il seguente. Ci sono due tipi di cammino in un grafo:

– cammino non orientato o catena: non pone vincoli all’orientamento degli archi.

– cammino: richiede che la sequenza di archi sia tale che la testa di un arco coincida con la coda del successivo.

 

Un grafo tale per cui ogni coppia di nodi esiste un cammino che li unisce è detto grafo connesso (ricordiamo che in topologia questa caratteristica è sinonimo di continuità); nel caso dei grafi orientati, se esiste un cammino per ogni coppia di nodi si dice che il grafo è fortemente connesso, mentre se esiste un solo cammino non orientato fra ogni coppia di nodi si dice che il grafo è debolmente connesso. Inoltre, un nodo di un grafo non orientato si dice adiacente ad un altro nodo del grafo se esiste un arco che li congiunge; se un nodo non ha nodi adiacenti è detto nodo isolato.

Riassumendo, sottolineo due aspetti centrali:

– nella teoria dei grafi la forma e la misura non hanno alcuna importanza

– il carattere di connessione è sinonimo di continuità dal punto di vista topologico.

 

Vediamo così che il grafo del desiderio è una rete connessa che costa fondamentalmente di quattro punti di incrocio, ossia, quattro nodi e i vettori che li mettono in relazione. E importante considerare che nella sua logica deve considerarsi come operando sempre “completo”, la struttura è già lì da subito, nonostante Lacan lo presenti nella sua diacronia partendo dalla cellula elementare, che egli produce a partire da nozioni quali messaggio e codice, nozioni distinte da Jakobson. Prenderà spunto da altre nozioni della linguistica strutturale: enunciato, enunciazione, shifter, ecc, concetti che gli consentono di pensare il soggetto in modo rinnovato a partire dalla suo ritorno a Freud con l’assioma l’inconscio è strutturato come un linguaggio. (fig. grafo I).

 

La cellula elementare del grafo traccia il punto di capitone, che “uncina” o rintraccia la catena significante in due punti. Osserviamo che è attraverso l’après-coup, la retroazione che viene stabilito il senso, arrestando lo scivolamento incessante della significazione, “ne sigilla il senso col suo effetto retroattivo”, dice. L’articolazione significante avviene così solo alla fine dell’articolazione significante nella sua diacronia, così il punto di capitonnage corrisponde ad un tempo di taglio nella diacronia, momento di scansione.

Questo circolo del discorso, che non è altro che il discorso corrente, razionale, si trova determinato dal codice, il grande A, tesoro dei significanti. Possiamo definire quest’ultimo come l’insieme dei segni e dei simboli, retto dalle convenzioni prestabilite, fondando e autorizzando la possibilità di parlare nell’intersoggettività. Vediamo subito che da una parte, il codice così come prescrive al contempo limita le possibilità di creare nuovo senso. Dall’altra, dipende dalla sua scansione (dal suo potere discrezionale) la determinazione del soggetto, essendo “dall’Altro che il soggetto riceve il messaggio che emette” (3).

Da questo punto di vista, se nella nevrosi l’emittente riceve dal ricevente il proprio messaggio in maniera invertita, la psicosi mette in evidenza che il messaggio è dell’Altro. Lo psicotico riceve il messaggio direttamente dall’Altro – pensiamo ad esempio alle voci allucinatorie, prova che la catena significante s’impone al soggetto nella sua natura di voce – l’Altro parla al soggetto svelando l’impossibilità del soggetto di fare proprio il messaggio (4). E’ chiaro che nella psicosi il soggetto dell’inconscio non è pensabile, il funzionamento del grafo completo non è compatibile con la clinica delle psicosi, non c’è possibilità di passare alla linea superiore.

 

Cito Lacan in “Sovversione e dialettica del desiderio..”: “La sottomissione del soggetto al significante, che si produce nel circuito che va da s(A) ad A per tornare da A a s(A), è propriamente parlando un cerchio in quanto l’asserzione che vi si instaura, non chiudendosi che sulla sua stessa scansione, in altri termini in mancanza di un atto in cui possa trovare la propria certezza, rinvia soltanto alla propria anticipazione nella composizione del significante, in se stessa insignificante” (5).

Qui Lacan sostiene che a mancanza di un atto la struttura che la cellula determina rinvia soltanto alla propria anticipazione e si chiude in un cerchio che gira su se stesso. Sarebbe un cerchio senza uscita al quale Lacan fa riferimento designandolo come il cerchio infernale della Domanda (designazione dantesca, senz’altro). La domanda che s’impone è come fare per uscire da questa circolarità che si esaurisce in sé stessa? Abbiamo già segnalato che il desiderio si abbozza nei margini della Domanda. Il desiderio inconscio è ciò che consente al soggetto di uscire dal cerchio infernale della Domanda, che consente andare al di là.

 

Nel seminario VI dice: “dopo di aver stabilito la funzione delle due linee del grafo, vorrei introdurre un elemento essenziale che concerne ciò che giace nell’intervallo. Ciò che chiamiamo desiderio è la distanza che il soggetto può mantenere fra le due linee, è lì che respira durante il tempo che li resta da vivere” (6). Possiamo dire che lo spazio del soggetto in quanto soggetto del desiderio, è lo spazio intervallare fra le due linee del grafo, fra quello che conosciamo come la linea dell’enunciato, il discorso effettivamente proferito, e l’enunciazione, l’atto discorsivo. Fra queste due linee si localizza il desiderio.

Che il desiderio è mancanza d’essere, che sfugge alla significantizzazione, che non è in rapporto di essere all’oggetto, che ha una struttura intervalare, ecc sono tesi proposte da Freud. Dove situa Freud il desiderio se non fra le tracce mnestiche nello schema del quale si serve per pensare l’apparato psichico?

 

Nel cap. VII dell’Interpretazione dei sogni dice: “Non c’è dubbio che anche quest’apparato ha raggiunto la sua odierna perfezione soltanto attraverso una lunga evoluzione. Tentiamo di riportarlo a uno stadio precedente della sua capacità operativa. Da ipotesi che devono essere basate su altre premesse, sappiamo che l’apparato tendeva in un primo tempo a mantenersi il più possibile esente di stimoli; esso aveva perciò, nel suo primo assetto, lo schema di un apparato riflesso, che gli consentiva di allontanare rapidamente per via motoria gli eccitamenti sensitivi provenienti dall’esterno, Ma l’urgenza vitale turba questa semplice funzione; ed è a essa che l’apparato deve anche l’impulso di un ulteriore sviluppo. Quest’urgenza gli si presenta in un primo tempo nella forma dei grandi bisogni fisici. L’eccitamento prodotto dal bisogno interno cercherà uno sfogo nella motilità, che si potrà definire mutamento interno o espressione del moto d’animo. Il bambino affamato, senza aiuto, griderà o si agiterà. Ma la situazione rimarrà invariata, perché l’eccitamento proveniente dal bisogno interno non corrisponde a una forza che agisce in quel momento, bensì a una forza che opera permanentemente. Può esserci un cambiamento quando, in un modo qualsiasi, nel bambino per l’aiuto di altre persone, si effettua l’esperienza di soddisfacimento, che sospende lo stimolo interno. Componente essenziale di quest’esperienza vissuta è la comparsa di una determinata percezione (l’alimento, nell’esempio dato), la cui immagine mnestica rimane d’ora in poi associata alla traccia mnestica rimane d’ora in poi associata alla traccia mnestica dell’eccitamento dovuto al bisogno. Appena questo bisogno ricompare la seconda volta, si avrà, grazie al collegamento stabilito, un moto psichico che tende a reinvestire l’immagine mnestica corrispondente a quella percezione, e riprovocare la percezione stessa; dunque, in fondo, a ricostruire la situazione del primo soddisfacimento. E un moto di questo tipo che chiamiamo desiderio” (7)

 

Nel grafo del desiderio l’intervallo è costituito dalle due linee: enunciato – enunciazione, intervallo che lontano dall’essere semplice giacché implica piuttosto una polifonia (figuriamoci un pentagramma musicale) una serie di catene articolate, che implicano l’operare della metafora e la metonimia.

 

Allora, il grafo del desiderio è costituito, come abbiamo già indicato, da quattro punti di incrocio, quattro nodi e i vettori che li collegano. Inoltre, ci sono i vettori intermedi ai due piani. Si tratta di un grafo connesso visto che da qualsiasi nodo possiamo arrivare per via continua agli altri. Lacan ci indica che i due punti di incrocio del piano inferiore sono omologhi a quelli del piano superiore. L’omologia è una relazione di equivalenza qualitativa fra elementi che si corrispondono, lascia da parte qualsiasi considerazione di tipo analogica o di proporzioni (8).

 

 

In che maniera sarebbero omologhi i due punti di incrocio del piano inferiore (che abbiamo già spiegato) con quelli del piano superiore? Cito Lacan: “Ma se il nostro grafo completo ci permette di porre la pulsione come tesoro dei significanti, la sua notazione come (S ≺≻D) ne conserva la struttura legandola alla diacronia. La pulsione è ciò che avviene nella domanda quando il soggetto svanisce. Va da sé che sparisce anche la domanda, salvo il fatto che resta la coupure, il taglio, perché questo rimane presente in ciò che distingue la pulsione dalla funzione organica da essa abitata: cioè, il suo artificio grammaticale” (9)

Qui Lacan articola la pulsione al tesoro dei significanti, e notiamo che sottolinea della pulsione il suo artificio grammaticale. Detto in altri termini, la pulsione iscrive ciò che del linguaggio è muto (il silenzio pulsionale).

Possiamo dire che la domanda struttura la pulsione e quest’ultima si articola all’Inconscio intanto entrambi possiedono una struttura topologica di discontinuità. Quando la domanda tace inizia il godimento silenzioso della pulsione, mutismo che non è senza grammatica né senza oggetto. Cito Lacan: “Nella nostra elaborazione un tratto comune a tali oggetti è che non hanno immagine speculare, in altri termini, non hanno alterità (…). Questo è l’oggetto inafferrabile allo specchio cui l’immagine speculare fa da abbigliamento” (10). La grammatica pulsionale, che implica le tre voci descritte da Freud (attiva, passiva, riflessiva: guardare, essere guardato, guardarsi) si organizza attorno a oggetti che in tanto buco non sono speculari, seguendo la logica della pulsione orale, anale, scopica e invocante.

 

Torniamo un passo indietro. Nel piano inferiore la domanda culmina con la determinazione del moi attraverso il significante dell’Ideale. In effetti, il tratto unario emerge inizialmente in rapporto alla dimensione idealizzante dell’Altro della domanda, insegna del onnipotenza dell’Altro, primo marchio dell’opera del significante sul soggetto, un marchio che aliena il soggetto nella prima identificazione, formando l’Ideale dell’io. L’I(A) è inseparabile di questa dimensione idealizzante, totalizzante dell’Altro che lascia il soggetto a mercé della sua domanda d’amore.

 

 

Nel grafo possiamo cogliere l’I(A) come ultimo termine della parte sinistra, e possiamo dire che questo è per indicare la sua funzione inaugurale nell’identificazione del soggetto.

Notiamo anche come il circuito immaginario, non passando per la linea superiore, lascia l’Io catturato nella deriva delle significazioni, s(A), giacché la sua struttura, come abbiamo accennato prima, solo rinvia ad un altra significazione riproducendo il circolo infernale della domanda.

Ciò che succede nel piano superiore è di tutt’altro ordine. E a partire della mancanza nell’Altro che può emergere la domanda CHE VUOI?, che vuole da me? la domanda sul desiderio che è sempre desiderio dell’Altro. Allora è il desiderio, come dicevamo prima, che permette di uscire dal cerchio infernale della domanda.

 

 

S(A/), significante di una mancanza dell’Altro, è la risposta alla domanda CHE VUOI?. Significante della mancanza dell’Altro precisamente perché l’A, intanto garante della verità, non possiede una verità ultima con cui rispondere sull’essere del soggetto. “Questo significante sarà dunque il significante per il quale tutti gli altri significanti rappresentano il soggetto: cioè in mancanza di questo significante tutti gli altri non rappresenterebbero niente” (11).

 

Torniamo ai rapporti di equivalenza e/o omologia. Lacan ci propone che il rapporto fra il desiderio e il fantasma sarebbe omologo a quello che mantiene l’immagine speculare con il moi, ma implicando una inversione. “Sul fantasma così posto il grafo iscrive che il desiderio si regola omologamente a ciò che avviene dell’io nei riguardi dell’immagine al corpo…”(12). Il desiderio si regola sul fantasma, cosa si intende? Il fantasma, o meglio dire, il suo oggetto sostiene al soggetto nella evanescenza, nell’indeterminazione in cui lo lascia il desiderio. Il fantasma viene a fermare lo scivolamento metonimico del desiderio, pone un limite, fissa un godimento.

 

Un altra questione da chiederci riguarda il rapporto di omologia fra s(A) e S(A/). Come è possibile omologare la significazione al significante?. Abbiamo detto prima che S(A/) renderà possibile la produzione del resto dei significanti, ossia, la linea del piano superiore determina le significazioni che si producono nel piano inferiore, ma non viceversa (non vengono articolate le significazioni nel piano superiore). Questo punto però, implica uno svuotamento dell’Inconscio. Se la formula della pulsione implica una grammatica ma non il significante, S(A/) implica lo svuotamento delle significazioni dell’Icc.

Per il neurotico, S(A/) determina s(A), che è significazione fallica, per intervento del fallo in quanto significante simbolico.

 

Ultima questione: il grafo del desiderio come grafo non planare. Il disegno dell’otto interiore collegando la voce con il godimento: super Io e, la castrazione al significante.

 

 

Note

 

1 Poletti Giorgio. Grafi e strutture. Appunti di teoria dei grafi. Università di Ferrara. www.unife.it

 

2 I problemi più importanti che la teoria dei grafi e delle reti ha cercato di risolvere sono: il problema dei sette ponti di Konigsberg (risolto da Eulero), il problema dei quattro colori (nato dalla congettura di Francois Guthrie, che si è reso conto che bastavano quattro colori per colorare una mappa della Gran Bretagna in modo tale che due stati confinanti non avessero mai lo stesso colore) e il problema delle tre case e delle forniture (“si possono collegare tre case a tre fornitori senza che strade, tubature o cavi che le connettono, si incrocino?” problema non risolvibile con un grafo planare, come l’ha dimostrato Kuratowski).

 

3 Lacan J.Sovversione del soggetto…pag.809

 

4 Nel seminario III, Lacan introduce nella clinica delle psicosi la distinzione tra i fenomeni di codice (ess. carogna in Schreber, invenzione nel codice, la lingua fondamentale che Schreber inventa attraverso le allucinazioni) e i fenomeni di messaggio (pensiamo alle frasi interrotte di Schreber: “adesso io mi voglio…rassegnare al fatto di essere un idiota”, frasi che lo obbligano a trovare un supplemento di significazione).La funzione del significante è in primo piano in questi fenomeni.

 

5 Ibidem. pag. 808.

 

6 Lacan, J. Séminaire VI. pag. 201.

 

7 Freud, S. L’interpretazione dei sogni. Cap. VII. Bollati Boringhieri. pag. 524-25

 

8 “La connessione e la connessione forte tra coppie di vertici di un grafo sono relazioni di equivalenza”.www.mat.uniroma3.it

 

9 Lacan, Sovversione…pag. 820.

 

10 Ibidem, pag. 821

 

11 Ibidem, pag. 822

 

12 Ibidem, pag.819