La lettera – di Cristiana Fanelli

Come si legge la lettera? Alla lettera. Purché si specifichi alla lettera del suono, in trascrizione fonematica – Ancore suona en corps; nei sogni l’immagine funziona come rappresentazione di parola: cor- beau diviene corps beau – oppure traslitterandola, giocando sui nomi delle lettere – il celebre Seminario di Lacan R.S.I. è leggibile hérésie – o decifrandone i singoli tratti nella lo- ro materialità.

di Cristiana Fanelli

“Sono stato capace di vincere il mio destino in maniera indiretta e ho realizzato il mio sogno: restare un uomo di lettere sotto le apparenze di un medico”1 . Nelle parole di Sigmund Freud risplende una certa affinità tra pratica psicanalitica e pratica delle lettere. Come intenderla? La decifrazione di lapsus, sogni, atti mancati, dimenticanze svela che il lavoro dell’inconscio ha carattere letterale. Ogni lapsus a dire di Lacan è un lapsus calami. Sembra proprio che la psicanalisi lavori attorno a qualcosa che si scrive o, come Lacan dice in Ancora, nel discorso analitico si tratta di quel che si legge – la lettera – aldilà di quel che avete incitato il soggetto a dire.
Come si legge la lettera? Alla lettera. Purché si specifichi alla lettera del suono, in trascrizione fonematica – Ancore suona en corps; nei sogni l’immagine funziona come rappresentazione di parola: cor- beau diviene corps beau – oppure traslitterandola, giocando sui nomi delle lettere – il celebre Seminario di Lacan R.S.I. è leggibile hérésie – o decifrandone i singoli tratti nella lo- ro materialità. Per allenarsi a questo tipo di pratica, Lacan raccomandava di fare parole crociate, specie i crittogrammi che sensibilizzano nell’arte della decifrazione.
Lettera rubata, lettera alfabetica. Comunque lettera in giacenza: «car s’il y a jouis- sance, il y a souffrance»,2 la lettera veicola un godimento. Per questo Lacan la situa sul li- torale tra Simbolico e Reale: «La lettera non è più propriamente … litorale, ossia ciò che figura che un intero dominio fa per l’altro frontiera, per il fatto che essi sono estranei sino al punto di non essere reciproci? Il bordo del buco nel sapere, ecco ciò che essa designa».3 L’inconscio è un sapere che s’inventa a partire da un trou: questo trou nel Simbolico è as- similabile a ciò che Freud chiamava Urverdrängung. Il bordo di questo trou è il luogo del- la lettera. L’uomo dei lupi docet.
Possiamo perciò dire che la lettera è ciò che del significante tocca il Reale: è il solo elemento del Reale che possa essere decifrato. Nella Troisième Lacan scrive: «La decifra- zione si riassume in ciò che costituisce la cifra, in ciò che fa sì che il sintomo sia innanzi- tutto qualcosa del Reale che non cessa di scriversi». Infatti la lettera che interessa uno psi- canalista è anche, e innanzitutto, quella che insiste nel sintomo che imbriglia il desiderio.
Marc Darmon ha detto della lettera: «Credo che la lettera sia lì dove l’ha messa La- can: vale a dire la lettera a piccolo. Ricordate cosa vi ho detto ieri dell’ob-sjet? La lettera è un corpo estraneo, viene da Altrove. Abbiamo a che fare con il significante. E la lettera vie- ne da Altrove: è l’osso dell’oggetto. Poiché questa lettera è di troppo in una parola – co- me la s nella parola oggetto (fr. objet è il termine in cui Lacan inietta una s, trasformando- lo in ob-sjet) – produce degli effetti, eventualmente anche effetti di senso».4 Basti evocare gli effetti che la lettera h produce nella parola sintomo.
La lettera, quindi, va lavorata con l’equivoco, come fosse un rebus da aprire con una pluralità di letture che la sfogliano sino a farne un osso irriducibile e insensato, uno scarto da espellere. Così facendo, Lacan traccia una pista che va dalla ricerca dell’être – chi sono? dove questo sono corrisponderebbe un’essenza – alla l’être 5 : con questo gioco di parole egli sovverte la tradizione sull’essere facendone la lettera da decifrare e far cadere. Una lettera giunge sempre a destinazione.
In tal modo l’istanza della lettera nell’inconscio intacca anche lo statuto della verità e del sapere. Il sapere è ciò che arriviamo ad articolare di lalangue: «L’inconscio è un sa- pere, un saperci fare con lalingua».6 Non esiste La verità – proprio come non esiste La donna o, con un altro nome, Dio. Donna, verità e lettera vivono nella dimensione del particolare.
«L’analizzante, spiega Lacan, non conosce la sua verità perché non può dirla. Il sin- tomo – che ho definito come ciò che non cessa di scriversi – vi fa ostacolo».7 La verità di un soggetto è ciò che egli arriverà ad articolare del suo sapere inconscio. Così, la verità fa posto alla varité del sintomo: la verità soggettiva – quella che può solo dirsi a metà – è una verità che emerge nella varietà dell’equivoco interpretativo. È in questo saperci fare che la pratica analitica si svela affine a quella poetica e ne condivide il metodo.

1 G. PAPINI, “A Visit to Freud”, in Freud as We Knew Him, Wayne State University Press, 1973, pp. 98-102.
2 J. LACAN, Seminario XVIII (1970-71), D’un discours qui ne serait pas du semblant, inedito, Lezione
del 14 aprile 1971. 3 J. LACAN, Autres écrits, Paris, Seuil, 2001, p. 14.
4 Conferenza tenuta da Marc Darmon presso l’Università Villa Mirafiori, il 17 aprile 2004.
5 J. LACAN, Seminario XX (1972-73), Ancora, Torino, Einaudi, 1983, p. 97.
6 Ibid., p. 139.
7 J. LACAN, Seminario XXIV (1976-1977), L’insu que sait de l’une bevue s’aille a mourre, inedito, lezione del 19 aprile 1977, p. 4.