Che cosa è la scrittura del fantasma? – di Jean-Jacques Tyszler

Il primo problema che mi ero posto riguardo il fantasma era come mai, nonostante fosse una questione così cruciale per la psicanalisi, (tanto più che si può dire che un lavoro di cura analitica essenzialmente porta sull’identificazione e sul fantasma) se ne parlasse così poco nei nostri lavori dell’associazione. Non è una critica, ma sapete bene che la psicanalisi ha assunto una colorazione sociologica per cui alcuni colleghi sono interessati ai molti cambiamenti sociali ed è questo che guida le loro ricerche. Ma c’è anche un’altra tendenza angosciante che potremo chiamare scientista, che è una tendenza che porta in qualche modo la psicanalisi alla psicologia; ossia le parole che si utilizzano sono quelle della psicologia generale insieme con molti significanti della psicanalisi. Oggi è molto di moda la neuropsicanalisi che mescola le parole della psicanalisi alla psicologia scientifica.

di Jean-Jacques Tyszler

Stasera parlerò con voi di qualche questione sulla scrittura del fantasma. Sono due anni (2006 – 2008) che organizzo un seminario sul fantasma che è stato già pubblicato nelle edizioni interne dell’associazione.
Il primo problema che mi ero posto riguardo il fantasma era come mai, nonostante fosse una questione così cruciale per la psicanalisi, (tanto più che si può dire che un lavoro di cura analitica essenzialmente porta sull’identificazione e sul fantasma) se ne parlasse così poco nei nostri lavori dell’associazione. Non è una critica, ma sapete bene che la psicanalisi ha assunto una colorazione sociologica per cui alcuni colleghi sono interessati ai molti cambiamenti sociali ed è questo che guida le loro ricerche. Ma c’è anche un’altra tendenza angosciante che potremo chiamare scientista, che è una tendenza che porta in qualche modo la psicanalisi alla psicologia; ossia le parole che si utilizzano sono quelle della psicologia generale insieme con molti significanti della psicanalisi. Oggi è molto di moda la neuropsicanalisi che mescola le parole della psicanalisi alla psicologia scientifica. Non vogliamo certo censurare dei colleghi che lavorano in campi accanto ai nostri, ma secondo me è molto importante cercare di far vivere i significanti attuali della psicanalisi che non sono certo innumerevoli: c’è la pulsione, la rimozione, l’identificazione, il fantasma, quindi un certo numero, ma non incalcolabile, di parole. Forse questo è più chiaro nella cura dei bambini, perché appunto con i bambini voi lavorate sia dal lato dell’identificazione sia dal lato del fantasma, ossia nel bambino interroghiamo quale tipo di tratto ha fatto per lui unità, quale tipo di tratto ha colto per fare identità, compresa appunto l’identità sessuale. Non è una questione così misteriosa la questione del tratto. Un bambino può raccontare come mai abbia prelevato questo o quell’altro tratto all’interno della sua filiazione. Così si parla sempre dell’identificazione al padre, ma è un modo generico di parlare; chiaramente si può parlare dei tratti prelevati dai nonni, o da un terzo che era lì presente, molto importante nella storia della famiglia. Si può cogliere come modalità attiva perché l’identificazione è una modalità attiva :” scegliere un tratto”, come dice Freud, per incorporarlo.
E’ importante perché non dobbiamo vivere le parole della psicanalisi come delle parole passive, non dobbiamo riceverle come una pioggia che ci cade addosso, ma come una parte attiva del soggetto e la stessa cosa vale per la pulsione.
Con la cura dei bambini siete sia in questo lavoro dell’identificazione, sia nel reperimento di ciò che per il bambino ha costituito la scena fantasmatica. Il bambino più piccolo racconta bene come per lui il mondo si sessualizza. Prima non mi occupavo dei bambini, ma poi ho trovato davvero incredibile come dei bimbi di tre , quattro anni raccontino come il mondo intorno a loro prenda delle posizioni per quanto riguarda la sessualità, come indentifichino le posizioni dei loro genitori, come vada ad organizzarsi molto presto questa o quell’altra angolatura di attacco.
A mio avviso, una cura analitica, da un punto di vista diciamo freudiano, nel rispetto di Freud a cui Lacan si riferisce, cerca sempre di legare identificazione e fantasma e anche se questa cosa vi sembra più difficile avviene lo stesso in una cura analitica degli adulti. Difficile, dicevo, perché non potete cogliere questo così facilmente come nel bambino, ossia non lo potete guidare come il bambino verso delle questioni più precise e quindi bisogna attendere che il tema venga fuori attraverso il lavoro di analisi. Ma in ogni caso il ruolo del fantasma in una cura è una questione centrale e nello stesso tempo la libertà che un analizzato può prendersi verso ciò su cui è legato fin da quando era piccolo è molto importante per la direzione di una cura.
C’è un altro punto di attacco nel passaggio da Freud a Lacan e che giustifica in Lacan questo tipo di scrittura, perché Lacan va a spostarsi dalle scene freudiane, ossia tutto il lavoro di Lacan si sposta dalle grandi scene visive freudiane verso il lavoro della lettera, la letteralità. Sembra poco ma in realtà è immenso come problema, perché in Freud tutto è riportato ad una scena, e anche oggi quando si interroga qualcuno sulla psicanalisi, per esempio un giovane studente, questi racconterà una delle grandi scene freudiane: Totem e tabu o la scena primitiva, evidentemente l’Edipo. E’ veramente incredibile tutto ciò che in Freud è giustamente la scena primitiva, ossia là dove colloca il modo attraverso il quale il bambino arriva a captare gli intrighi della sessualità (le scene di seduzione, le scene di castrazione). A questo punto tutto in Freud è meraviglioso perché si dà a vedere. Anche per noi è difficile fare il lutto di questo aspetto tragico, è difficile separarsi dalle grandi fissazioni freudiane, perché queste ci parlano.
Lacan, invece, proprio sulla questione del fantasma cerca di passare da uno scenario immaginario a quello che lo interessa: non la scena ma l’oggetto di godimento nella lingua stessa. Per capire cosa è la scena è sufficiente riferirsi al seminario di Lacan: “La logica del fantasma”. Il titolo è molto seducente ma Lacan nel seminario non dà nessun esempio di fantasma perché dice che l’esempio di Freud è più che sufficiente. In “Un bambino viene picchiato” Lacan dice che non ha nulla da aggiungere dal punto di vista del fantasma maschile mentre la posizione del fantasma femminile gli pone dei problemi. E interessante perché Lacan prende come unico esempio di lavoro questo di Freud ma cerca di spostare la scena verso il divenire dell’oggetto letterale, ossia l’oggetto che è contemporaneamente godimento e lettera nella lingua del paziente stesso. Non è un passaggio logico facile, e anche per me non lo è di certo. Vi farò un esempio: è bellissimo l’esempio dell’uomo dei lupi. Nell’esempio “Un bambino viene picchiato” l’aspetto curioso e che ciò che Freud stesso dice, ossia la frase apparentemente più realista possibile : “io sono stato picchiato dal padre”, ebbene questa frase da un certo punto di vista non esiste. Freud dice non esiste perché non la possiamo ritrovare nel ricordo, non è mai esistita nella memoria e quindi è una frase verosimile prodotta per il transfert, fa verità solo nella costruzione del transfert. Proprio questa frase,che quindi secondo Freud non esiste, è la più importante, è quella che determinerà tutta la vita del soggetto. Quindi è una frase fuori scena, è una frase che sembra una scena ma non lo è, come se la si potesse vedere in televisione. Ma è sufficiente per questo riprendere il testo stesso di Freud, di cui Lacan è un lettore attentissimo.
In psicanalisi avete una tradizione dell’oggetto, quello che chiamiamo oggetto. E curioso che degli oggetti in psicanalisi siano stati nominati in un certo numero: quelli che Freud chiamava oggetti parziali, ossia che partivano da un bordo attorno al quale si organizza tutto il lavoro della psicanalisi stessa. Conoscete nel mondo della psicanalisi dei bambini gli oggetti di Melanie Klein, che dal punto di vista clinico restano giusti in quanto costituiscono il modo con cui il bambino accetta, dice “si” o dice “no” ad un certo numero di oggetti: il seno, il fallo, ecc., ossia come il bambino accetti o no che si entri nel suo campo di rappresentazione. Quello che dice Melanie Klein è molto interessante. C’è anche l’oggetto di Winnicott, ossia l’oggetto transizionale, l’oggetto della pulsione di Marie Christine Lasnik, ecc. Freud raccontava che qualsiasi oggetto può venire ad occupare il centro della pulsione e poi vengono gli oggetti del fantasma. Lacan fa in questo caso una forzatura perché riduce la lista topologica degli oggetti possibili a quattro: il seno, le feci, lo sguardo e la voce. Nella psicologia dei bambini si riconoscono bene soprattutto i due oggetti più complessi: lo sguardo e la voce. E interessante perché Lacan dice quattro e ogni tanto si chiede se mai un altro possa rientrare in questa serie. C’è un seminario, non ricordo quale, in cui appariva come oggetto “il nulla”, che da un punto di vista clinico potrebbe essere molto importante (per esempio nell’anoressia) e poi basta. Di tutti questi oggetti della psicanalisi ciò che gli interessa nel momento della scrittura del fantasma è il loro passaggio al rango di lettera, di letteralità, cioè di lettera nel significante. Abbiamo già l’esempio dell’uomo dei ratti: Freud percepisce bene le lettere stesse della parola ratto come un filtro del tessuto del linguaggio perché quando l’uomo dei ratti parla Freud percepisce come tutta la sua lingua sia filtrata da queste lettere. Non si tratta di ciò che vede dal punto di vista immaginario, cioè una scena cruenta dove ci sono dei ratti, ma quello che gli interessa in questo esempio è che le lettere stesse sono portatrici di godimento, sono la memoria del godimento, e che le lettere si infiltrino, in un certo senso, nel gioco dei significanti. La letteralità è materia dell’oggetto per cui quando si scrive quel materiale l’oggetto stesso e gli oggetti così come li ha declinati sono già materia per la lettera, ossia si può dire “un bordo corporeo” ma è il materiale del godimento. Si tratta del lavoro maggiore fatto da Lacan ma difficile da accettare fino alla fine, ossia spostare le grandi scene: resta la scena immaginaria del fantasma verso il modo con cui la lingua veicola i godimenti ma non c’è nessun altra materialità che si possa trovare. Da parte nostra non abbiamo altri tessuti per poter lavorare. O si lavora con il significante, con l’equivocità del significante, oppure con le inflessioni della lingua stessa che rivelano il godimento. Lacan fa sempre questo, ma non lo so se in italiano si comprende facilmente. Per es. quando dice “le Nom du Pere”e poi scrive “le non dupes errent” fa un lavoro letterale che gioca su uno spostamento di lettere per cui sembra dire che è lo stesso sapere sul godimento. Essere “dupe” delle lettere è un modo di dire il Nome del Padre. E’ una proposizione molto elevata perché non colloca il nome del padre nella sua verticalità.
Stranamente il fantasma in una cura è quasi uno scenario a cielo aperto dal momento che riflette la nostra vita, per cui curiosamente si sa come si è accompagnati in permanenza dalle piccole scene fantasmatiche. Così il nostro modo di incontrare, scegliere sessualmente, l’esercizio stesso della sessualità sono legati a delle piccole scene molto semplici che qualcuno può raccontare con la stessa semplicità. Ma il problema nasce perchè se tutto questo sembra non avere nulla di misterioso per quale motivo rompersi le scatole fino ad arrivare e a coltivare una dialettica che sembra così complessa? Penso che questo succeda perché la parte immaginaria del fantasma, ossia lo scenario presente, chiaro ad ognuno, non regola il proseguire segreto della frase stessa: “sono picchiato dal padre”. Qualcuno può dire : quando ero piccolo ho capito spesso che in quel momento mio padre o mio zio erano una condizione fantasmatica della mia sessualità. Questo avviene praticamente a cielo aperto, ma qual è il reale che non si offre così facilmente? E’ il modo con cui le parole”sono picchiato” vanno in un certo senso ad alloggiarsi in tutti gli incontri aleatori possibili, negli altri grandi significanti della vita.
Il soggetto non si renderà conto che é picchiato da molti di questi aspetti, ossia che si offre per essere picchiato perché la lingua lo attira continuamente verso queste congiunzioni ma non ritroverà queste ripetizioni così semplicemente. C’è un altro aspetto tecnico analitico: se vi attenete troppo alla lettura immaginaria del fantasma indurrete una lettura traumatica . Si dice spesso: “sono picchiato dal padre” ( fantasma masochista), ma secondo me si tratta solo di un modo per dirlo che però non è sufficiente. Se dite solo questo avete denunciato una lettura traumatica mentre in :“sono picchiato dal padre” si possono leggere tutte le equivocità che questa frase consente. In effetti ci vuole un colpo del padre, ma non necessariamente masochista. C’è dietro qualcosa che non è stato completamente regolato, ossia la prossimità tra fantasma e trauma.
Non tra i lacaniani ma ci sono molte correnti nella psicanalisi che rileggono tutto attraverso l’angolatura del trauma, ossia fanno il cammino inverso in quanto partono dal trauma per arrivare al fantasma. I lacaniani, invece fanno l’errore contrario. Spesso i veri traumi non li interessano. Ma la lettera nell’inconscio ricopre territori molto più ampi e vari di quelli della lettera alfabetica. Quando ricevete dei bambini piccoli vedete che anche i segni che tracciano hanno una grafia molto particolare in quanto conservano ancora la traccia di una scrittura idiografica. Bisogna aspettare del tempo affinché il bambino separi la lettera, nel senso in cui noi la utilizziamo noi, dalla traccia stessa del disegno. I colleghi che si occupano di psicanalisi di bambini molto piccoli quando hanno il disegno di un bambino di due anni dicono se questo disegno è letteralizzato o no, ossia se c’è o no la lettera in quel disegno, ma questo è molto interessante perché non sono tutti gli stessi disegni. Un bambino psicotico di due anni fa dei disegni con una tipologia molto particolare e i miei colleghi dicono che nel suo disegno non c’è lettera, ossia non si trovano in questi disegni delle sequenze ritmiche che fanno lettera.
Vi è quindi un uso tecnico di questi spazi di letteralità, per cui di un disegno come di un sogno parlato si può già dire che è letteralizzato, anche se in ciò che si chiama sogno ci sono degli elementi di letteralità che non sono le lettere del alfabeto abituale. In un sogno ci sono delle ripetizioni idiografiche che hanno valore di lettera. Se volete un riferimento potremmo dire che questo capita spesso nella pittura, come per esempio in Mirò che ha delle proprie lettere, anche se non è l’unico perchè in ogni quadro ci sono degli elementi di letteralità. Lo dico per indicare che quello che si chiama oggetto in psicanalisi è molto vasto ma quando utilizzo la parola lettera questa ha dei bordi molto larghi, ma non infiniti. Penso che ciò che è lettera nell’inconscio meriti una messa a punto perché spesso i colleghi credono che vi sia il significante, ma quello che chiamiamo il significante è una parola e all’interno della parola ci sono delle lettere. Questo è vero ma non è sufficiente per dire cosa sia la lettera. Cezanne come Mirò reinventano qualcosa come la letteralità, perché lo stile è il modo di rinnovare in maniera personale la letteralità Così Joyce distrugge per rinnovare le forme di letteralità, altrimenti non interesserebbe, nel senso che fa qualcosa che non è soltanto eredità del passato ma con gli elementi del passato viene a fare altre cose. Anche la psicanalisi ha bisogno di potersi rinnovare e con ogni generazione c’è un rinnovo delle parole della psicanalisi, dei nuovi modi di designare il godimento.
Mi sono soffermato a lungo sulla questione dell’oggetto ma se Lacan avesse voluto parlare del modo con cui noi siamo fabbricati, delle lettere primordiali, o se Freud avesse detto che ciò che interessava in una psicanalisi è come le lettere primordiali vanno a fissare il destino di ognuno, anche se è rinnegato, rimosso, forcluso, perché fanno comunque ritorno nella vita e questo ne fissa l’orizzonte, se avesse voluto dire questo non avrebbe avuto bisogno di un punzone ma avrebbe potuto trovare una scrittura più semplice. C’è da chiederci quindi come mai ha utilizzato uno strumento matematico che sembra in un certo senso sottomettere questa letteralità ad altre dimensioni logiche che non ci aspetteremmo, ossia a qualcosa che non sia strettamente legata alla prima infanzia del soggetto, al suo ingresso/uscita dalla nevrosi infantile. Nel punzone c’è una moltitudine di possibilità di lettura logica. Si può decomporre il punzone in parecchie logiche formali. Per esempio: “se questo allora quello” – che è molto forte nella logica dell’ossessivo, ossia “se faccio quello allora capita questo”. Poi avete tutte le questioni dedotte dalla logica del possibile e dell’impossibile, del possibile e del necessario e si percepisce come Lacan durante il suo seminario segua tutta l’evoluzione della logica classica fino alle logiche più moderne, quelle che chiamiamo logiche fluide o liquide. Sono interessanti perché si può dire una cosa senza contraddizione: si può dire una frase e il suo contrario senza contraddizione. E’ stata utilizzata in tutta la costruzione dell’identità sessuale. Se si può trasformare una donna in uomo, e all’epoca ne avevano parlato molto, è perché la logica formale che utilizzavano lo permetteva. E’ importante perché il punzone supporta per Lacan tutti i rimaneggiamenti possibili della logica formale. Non si interessa a questo perché vuole fare della matematica ma perché il punzone fa valere ciò che non apparirebbe in altro modo, quello che appare di più intimo sul fantasma, il più singolare ( ognuno ha il proprio grazie al punzone), ossia il fantasma di ognuno di noi parla del disagio della società e allo stesso tempo anche del disagio della civiltà. L’esempio di Freud è un esempio molto classico: “sono picchiato”e sono molte le persone che si presentano sotto questo enunciato freudiano. Capita spesso nelle cure che una frase fabbricata diversamente non abbia niente a che vedere con “sono picchiato”. Ci sono molti ingressi in analisi attraverso questa frase: i diritti, ciò che si deve, i diritti del corpo,ecc.( Melman ha raccontato tutti i diritti singolari) e questo “mi si deve” ha molto spostato il colpo freudiano “sono picchiato”. E’ vero che le scoperte scientifiche giustificano questo “mi si deve”, ma quello che è interessante è che il punzone supporta le metamorfosi possibili nell’intimo delle mutazioni logiche del campo sociale. Avete a disposizione una scrittura soggetta a trasformazione, non una scrittura sottoposta a fissità, ossia non sono semplicemente le quattro lettere cadute quando aveva un anno che hanno fissato tutto un orizzonte letterale, ma se queste lettere incontrano altre logiche letterali questo fatto è permesso dalla scrittura del punzone. Non si può prendere tutto dal lato immaginario, ma ciò che è immaginario è il problema clinico precedente: sembra che in questi piccoli pazienti un fenomeno allo specchio sia stato precoce e in qualche modo abbia fatto difficoltà nell’identificazione. Il problema comunque non è questo perché a questo buco nell’immaginario è venuta a rispondere una logica, ossia un discorso prodotto prima dalla medicina e poi dal diritto che poi dato disposizioni nel Reale, ossia la trasformazione del corpo e del nome. Quindi, partendo da una discussione apparentemente immaginaria si è messa totalmente in circolazione la dimensione del Simbolico e dell’Immaginario. Per quanto riguarda le psicosi si dice che un delirio è immaginario, anche se il delirio produce degli effetti, ma la definizione del delirio resta immaginaria. Quindi, l’immaginario non è da intendersi come una categoria minore nell’economia delle consistenze.
Dr.ssa M.Drazien : “ Non qualsiasi cosa del Immaginario è un fantasma, forse ci vorrebbe una definizione di ciò che è il fantasma”.
Dr. JJ Tyszler : Nel mio libro sul fantasma ho preso qualche esempio letterario tra cui l’esempio di Kafka. Si può dire che Kafka è il fantasma di tutti perché effettivamente è stato picchiato da suo padre, ma questa è una banalità. Quando Kafka comincia a raccontare tutto ciò si esce dalla banalità, ossia nel momento in cui Kafka ha la capacità di andare a cercare la forza delle lettere quando era piccolo ed era sotto l’induzione molto particolare del padre, quando lo trattava come uno scarafaggio. E’ interessante il significante stesso: scarafaggio, e il padre aggiungeva che tra le specie animali è una delle più schifose, perché è un uccisore gratuito. E’ interessante perché quando scrive la lettera al padre si chiede quali siano le lettere che sono entrate forzatamente nel suo corpo, quale parola precisamente, quale parola fa di se stesso questo essere in difficoltà, dal momento che per tutta la sua vita è rimasto in difficoltà. Come tutti gli altri geni ha la capacità di andare ai bordi di tutta questa letteralità, non solo per descriverla e non solo per aver fatto un lavoro verso il passato. Per sua fortuna aveva dello stile ed è diventato quello che conoscete tutti. “La metamorfosi” si può considerare un trattamento particolare del significante. Qui non si parla tanto di fantasma, ma si può dire che l’odio del padre è venuto a produrre una defezione. Il vantaggio della frase “sono picchiato dal padre” è almeno che la scena è costruita, è protetta, c’è una scena. Sembra che, da quanto dice Kafka stesso, c’è un punto di attacco, di defezione in questa finestra che lui ha potuto, per fortuna, portare nella sua opera, non come per uno psicotico. Non è lo stesso problema di Joyce, ma si tratta di un attacco in un punto di defezione della finestra che ha fatto sì che al posto della metafora abbia prodotto delle metamorfosi. Ci si può fermare anche qui, perché è bellissimo quello che racconta Kafka, ma non darebbe tutta l’ampiezza che Lacan vuole dare al sociale, perché Kafka pone la stessa questione di Freud nella cultura, ossia che nella sua epoca era come se il padre avesse disertato. E’ la questione di Freud, ossia entrambi portano la propria difficoltà personale al livello del secolo, della cultura. Ci sono molti altri autori attorno a Vienna in quegli anni ( Kafka viveva a Praga ma l’ambiente intellettuale era lo stesso), autori che trattano di una questione intima, una difficoltà personale, una difficoltà della loro infanzia e portano questa questione al livello parossistico perché trovano altrove l’odio del padre. E’ questo approccio che mi interessa nella scrittura di Lacan, ossia non solo che si può riferire quello che è più intimo della storia personale, come nell’isteria la seduzione, ma come questo è stato detto, ossia quali parole sono entrate nel corpo. E questo fa si che un’ isterica non è mai simile ad un’altra, altrimenti non varrebbe la pena di fare delle cure ma di fare un film uguale per tutte. Nel seminario “La logica del fantasma” c’è un passaggio più difficile sulla scrittura dell’Altro. Se lavoriamo sempre avvicinando l’identificazione al fantasma si può pensare che c’è sempre un ruolo che prepara la tirannia dell’Altro, ci sono dei significanti che ti impongono gli altri: es. lo scarafaggio, ma senza nessun vuoto, per cui si ritrova per questo annodamento da un lato la logica dell’Uno, dell’identificazione e dall’altro lato, oggettuale, il mio desiderio. Quando incontrate uno psicotico non potete seguire il lato dell’Uno totalizzante e insieme quello degli oggetti. Potete aver reperito i suoi oggetti: es. lo sguardo persecutorio, mentre altre volte siete colpiti dalle megalomanie dell’Uno all’opera, ma nella cura non si può lavorare sui due bordi contemporaneamente. La struttura sfugge a questa presa che può mantenere un vuoto che permetta questo tipo di scrittura. Si ricevono soltanto messaggi diretti del tipo tirannico, come il piccolo Kafka. Piero Citati racconta che Kafka ha sempre vissuto il suo rapporto con l’altro “dice che c’era sempre l’impressione che vi sia un vetro che li separa” e quindi si comprende come sia questo posto vuoto del desiderio. Non è psicotico ma c’è una difficoltà per lui tra questa attuazione del colpo dell’Uno e il luogo per desiderare. Ma la stessa scrittura dello punzone permette questo. Per darvi un esempio meno letterario, si può ricordare quello che Freud porta sull’uomo dei lupi, riguardo i problemi di sessuazione, come pensa i significanti che a quell’età (un anno, un anno e mezzo) sono incorporati. Quello che mi ha impressionato in Freud è questo materiale molto precoce perché dice che il bambino accoglie ad un anno e mezzo un’impressione alla quale non può reagire, riceve qualche cosa di sessuale, la scena, ma una scena ripetuta tre volte (per Freud qualcosa si deve ripetere per avere senso).
E’ importante per Freud la questione della ripetizione. già in Schopenauer Freud dice che il bambino non può comprendere la scena, per cui la vede ma c’è un buco nella significazione, c’è un effetto, è colpito e dunque non la comprende, mentre la riprenderà a 4 anni in occasione di un’altra scena sessuale.
E’ interessante in Freud che il bambino a 4 anni (non è un bambino grande) fa ritornare la scena primaria. C’è questa teoria della pre-reazione, ossia ci sono degli elementi identificati ma privi di significazione che vengono in luce, ma il paziente ci arriverà soltanto due decenni dopo nella sua analisi, nella sua cura, attraverso il transfert, a cogliere che cosa fosse veramente capitato.
E’ appassionante vedere come Freud pensi ad una scena, perché quello che chiama scena è una visione che fa buco. Rimane l’affetto, la percezione di questo, che poi è dimenticato. Tre anni dopo ritorna, ma il bambino non sarà in grado di darle piena significazione. Sa però che qualche cosa che lo ha colpito è stata molto importante e, come in un “bambino viene picchiato”, questa cosa è leggibile soltanto all’interno del transfert.
Questo è importante nella psicanalisi, ossia ci vuole un indirizzo per leggerla, non si può leggere da sola, ci vuole una direzione perché il significante prenda una rappresentazione. Quindi, come dice Lacan, nel transfert degli elementi di fissazione primordiale prendono una logica, cominciano a scriversi logicamente. E’ interessante perché Freud non si ferma a questo, ossia si domanda ogni volta qual era l’ambiente attorno alle parole, il tessuto significante attorno a tutto ciò.
Dice: va bene, ho la scena sessualizzata, ma questo non mi è sufficiente, bisogna che comprenda come la lingua ha veicolato ciò, ossia le modalità di godimento. Quindi ritorna su una piccola frase molto semplice, perché la mamma dell’uomo dei lupi accompagna alla porta un medico che aveva chiamato (aveva dei dolori dovuti alla digestione) e l’uomo dei lupi racconta la frase che ha sentito dall’altro: la mamma ha risposto al medico “non posso più vivere così’ ”. Sembra una frase piccola, corta: “non posso più vivere così”, ma Freud, come per “un bambino viene picchiato”, dice che questa frase sarà determinante nella sua vita, ossia sarà incorporata da parte del bambino e accompagnerà in un certo senso tutta la vita del paziente. Apparentemente è una frase non legata ad uno scenario sessuale, ma è il bambino, come spesso capita, che va a fare questo confronto tra le scene di sessualità e i dolori della mamma.
Freud dice che farà un conglomerato che conserverà nella sua memoria, spostando i dolori da ciò che per lui era la causa vera.
La curiosità di questo caso è che per tutta la sua vita l’uomo dei lupi si lamenterà dei dolori dovuti alla digestione; è un caso con tutta la sua particolarità di cui il termine era l’ipocondria, diagnosi molto discussa da Marcel Czermack e Charles Melman e non solo da loro.
Quando Lacan ha letto questo, nel dire “ritorno a Freud”, deve aver letto il testo, così come faccio con voi, e deve aver reperito come una scena si costruisce in tappe successive la cui ricostruzione non è possibile senza il transfert. Così anche la frase “sono picchiato dal padre” è una costruzione per l’analisi.
C’è quindi questo aspetto della scena, ma ciò di cui era appassionato Lacan è che Freud non si ferma alla scena, ma si domanda: “ma il godimento, che ritorna nei dolori digestivi condivisi tra l’uomo dei lupi e la madre, è veicolato da quali parole? Perché questo non è nella scena sessuale e quindi Freud va a fare un lavoro di polizia, va a cercare queste parole come Sherlock Holmes, le tracce di una piccola frase, come per Kafka, la formazione di una piccola frase :“non posso più vivere così”, che però il bambino ha ricevuto con dramma; questo ha comportato una difficoltà per l’attuazione del fantasma.
Penso che questo sia il doppio lavoro di Freud, ossia chiedersi quale significante si sia iscritto nel corpo, quali sono le lettere che hanno oltrepassato il bordo del corpo (e sappiamo che questo esiste perché il godimento del corpo ne porta traccia). Freud non inventa niente, perché l’uomo dei lupi ha gli stessi dolori della madre. Per essere completi c’è un altro aspetto nel punto in cui siamo nel rapporto con Freud, perché Freud tratta questo caso dal lato dell’ analità (stadio anale).
Freud ha sempre delle risposte attraverso le topiche che utilizza, quindi le sue conclusioni teoriche possono sembrare poca cosa rispetto al materiale che ha messo a disposizione all’inizio. Sappiamo che la frase della madre “non posso più vivere così” è la frase esatta dell’uomo dei lupi quando va a lamentarsi del suo corpo. Non dobbiamo avere una visione troppo rigida perché il seminario dell’uomo dei lupi è il seminario zero in Lacan. Lacan fa un’analisi tecnica sul transfert di Freud, non si interessa soltanto della tipologia clinica, ma dice di pensare che Freud abbia fatto un errore di tecnica, (anche se la sua osservazione vale per quello che vale) e dice quindi che Freud si è messo troppo nella posizione del padre nel transfert. Non si tratta di sapere se sia vero o no, ma è interessante che pensi la tipologia clinica anche in rapporto alle manovre del transfert, ossia pensa che una certa posizione di Freud abbia precipitato l’identificazione del godimento.
Cosa fare di tutti questi tessuti di parole, di lettere, per non renderle lettere morte? In queste questioni del fantasma ci sono anche delle questioni di tecnica analitica interessanti.
Non facciamo un lavoro da archeologi, non andiamo a dividere le lettere precipitate. Ecco perché Lacan termina con il tema “le modalità del godimento”: se le lettere sono portatrici di queste modalità differenti di godimento, quando interpreta un paziente su quale lato lavora? E’ interessante che nel suo lavoro, rimettendo il fallo da una parte e la causa del desiderio da un’altra, forse troviamo anche un senso di inquietudine rispetto a questa prima attuazione, ossia c’è un grandissimo rispetto per il testo di Freud, ma anche delle interrogazioni circa l’evoluzione della psicanalisi.
Non è sufficiente dire che noi non facciamo come Freud, ma ci sono degli interrogativi da porsi senza dare lezioni. Ho lasciato completamente da parte la questione del fantasma femminile, ma richiede tutto un lavoro sul seminario “Encore” che non è proponibile in breve tempo. I cambiamenti sociali, il luogo delle donne, la posizione delle giovani donne: bisogna appunto interrogarsi su come si organizza la lettura fantasmatica o la libertà che una giovane donna prende in rapporto con questioni del genere.
Questo non è direttamente in Freud, ma bisogna parlarne partendo dal materiale di oggi. Ho lasciato da parte la questione della defezione del fantasma che prevede altri problemi che riguardano la psicosi. Mi sembra che nel momento in cui Lacan scrive questo, la topologia che accompagna questo sforzo è una topologia di tagli sulle superfici. Vandermersch, Czermak e altri autori hanno raccontato come per leggere questa formula topologica si serviva di superfici sulle quali faceva dei tagli, ossia diceva : ho il tessuto del significante e il significante è intaccato dai colpi di forbice. Così quando utilizza la questione della bottiglia di Klein, per dimostrare come i messaggi provengano dall’altro la taglia in varie forme a seconda che il messaggio sia diretto come nella psicosi o al contrario.
Il problema è che tutte le scritture del fantasma sono legate a questa topologia delle superfici. In una cura la questione dell’oggetto può essere designata e separata (all’epoca c’erano vari slogan tra i Freudiani), e c’è l’analisi con l’attraversamento del fantasma. L’attraversamento del fantasma è rimasto enigmatico.
Dopo aver fornito questa clinica ancorata sulla topologia delle superfici, Lacan passa stranamente ad un’altra matrice, ossia la clinica dei nodi. In una cura siamo in difficoltà ad identificare l’oggetto, quando separato, mentre questo sembrerebbe essere invece il garante della tenuta insieme delle grandi categorie che Lacan utilizza da sempre, già negli anni ’50: Reale, Simbolico, Immaginario.
Sembra dire che il lavoro sull’oggetto causa del desiderio, ossia l’oggetto che fa buco nella letteralità, è ciò che è garante della tenuta insieme possibile. C’è un punto là che meriterebbe di essere chiarito, cioè che una cura non porta verso una separazione dall’agalma, perché altrimenti vi potrebbe dare l’idea non di una psicanalisi strutturalista, ma completamente determinista, ossia pensare che le prime lettere rimosse, quasi forcluse dice Marcel Czermak,( perché di queste non ne abbiamo memoria), forcluse dal tessuto primitivo, si sessualizzino.
Se pensate che questa sia la totalità di ciò che c’è da dire, ossia che tutto il lavoro di una psicanalisi sia di identificare questo agalma, date una versione completamente determinista di ciò che si chiama psicanalisi, mentre in un certo senso le lettere nel nodo borromeo e la loro stessa scrittura, come per il punzone, sono molto mobili.
Possiamo dare molte forme di scrittura del nodo. Ciò che forse interessava a Lacan, a quel tempo, era l’incontro di queste lettere primitive con tutti i vicinati letterali possibili. Così come un tipo geniale come Joyce ha potuto fare con la sua follia e questo verrebbe a reinterrogare ciò che si può chiamare strutturalismo in psicanalisi.
Quello che io oggi chiamo “Le Nom du Pere” è ogni volta che un incontro attualizza questo patto letterale. Non sono incontri di numero incalcolabile, ogni volta che un incontro fa patto si può chiamare questo “Nom du Pere”, e questo dà al nome del padre un’iniziale per distinguere la nevrosi.
Tutto questo non è facile perché, nel migliore dei casi, siamo stati formati alla scuola della clinica delle superfici.

Trascrizione a cura di Isabela Duma
non rivista dall’Autore